domenica 10 dicembre 2006

Attesa

Cavolo, sono rimasto indietro di due settimane nell'annotare e ho qualche tonnellata di foto
da editare e caricare su flickr ... spero di non dimenticarmi nulla, tanto per voi quanto per me.

Diciamo che la seconda settimana è stata un po' provante per il mio umore, perchè Luisina ha continuato a rimandare il nostro incontro, che sostanzialmente doveva essere l'inizio di questa avventura, e la cosa mi ha lasciato un po' spaesato ... poi per me che mi incendio e mi gelo per un nonnulla ... potete capire.
Però ci sono stati sprazzi di sole, tipo ....

.. mi ricordo di aver fatto festa in maniera abbastanza seria il sabato dopo l'ultimo post, mi sono aggregato ad un gruppo di ragazzi qua dell'ostello (due irlandesi, una ragazza francese, un manipolo di californiani) e ci siamo fiondati nella notte portena (leggi portegna, "di buenos aires", non ho la tastiera castillana e nn ho voglia di cercare la n con la tilde). Sto sperimentando serissimi problemi a partecipare alle discussioni fra persone che parlano inglese come madrelingua, soprattutto gli americani con quel loro maledetto accento, mi piace dire che parlano come se avessero un osso di pollo incastrato fra le mandibole. Credo sia dovuto al fatto che il mio cervello si sta impegnando oltremodo ad apprendere lo spagnolo, o il dialetto dello spagnolo che qua si parla, sia quel che sia .... che è un idioma che sto adorando ! ormai mi scopro a pensare in spagnolo, e spesso, anche quando parlo con il mio, ormai, amicopusheritaliano, nella lingua del sì, ogni tanto mi mancano le parole in italiano e mi escono spontaneamente in spagnolo. E' una sensazione bellissima :D
De todos modos, birra dopo birra arriviamo in un ... boh ... music pub ? e la francese inizia a charlare con un gruppo di portegni, io mi aggrego con gusto, felice di non dovermi ulteriormente cimentare con l'inglese (anche se i dubliners sono simpaticissimi) e di poter praticare lo spagnolo. Tra due parole, due birre e qualche sigaretta si fanno le sette del mattino e il dj ci manda a casa. La francesina pare impegnata con un locale, non capisco se a respingere o accettare le sue (tipiche) insistenti avances, ma sinceramente non mi interessa approfondire, quindi saluto con calore i ragazzi del pub e mi incammino, un po' malfermo sulle gambe, verso il centro della città, alla luce già forte del mattino, tra una serranda che si alza e ragazzi che sciamano verso casa o qualche after-party (qua cominciano verso le nove del mattino e vanno avanti hasta la tarde).
Il mio stomaco brontola e mi acerco ad un mini-porcaro, chetandolo con un pancho con papas y chimichurri.
Arrivato in avenida de julio non ne potevo veramente più, ho chiamato un taxi e mi sono fatto scaricare all'ostello, giusto in tempo per ritrovare la compagnia con cui la notte era iniziata, al completo, e compartire la colazione appena servita, prima del risveglio degli ospiti per bene che saccheggiano la cucina peggio di uno sciame di cavallette bibliche.

... un giorno in cui, vagabondando per le strade del centro, mi sono imbattuto in un gruppetto che suonava cover di arie famose (tipo mission impossible) rimaneggiate funky: basso potente e preciso, batteria minimale, chitarra con wawa, un sax tenore e uno soprano. Mi hanno intrattenuto una buona mezz'ora, è stato bellissimo vedere questi cinque punkettoni (perchè quello erano) suonare in mezzo alla via più commerciale della capitale, attorniati da gente di ogni genere, vecchi e giovani, quadri e disoccupati, che ascoltavano felici la loro bella musica. Un gordo incravattato mi fa "sono buoni eh ?". Sì, sono proprio buoni.

... sono tornato all'università delle madri per chiedere un qualche contatto di un tipo che, durante il convegno già citato, aveva proprio presentato un lavoro sulle fabbriche recuperate. Io da tonto me lo sono perso in mezzo ai miliardi di incontri che erano stati organizzati, conserverò il programma perchè è qualcosa di sorprendente. In ogni caso mi danno un indirizzo e-mail, e torno felice all'albergo a scrivere per preguntare (però ho rimandato di un giorno perchè mi sono perso in mezzo a birre e camminate chilometriche con due americani di nn ricordo quale stato montuoso del centro USA). Il tipo in ogni caso non mi ha risposto e non credo che lo farà mai, qua capita, tal vez.

... craig (sarà quello il nome ? bah !), uno di questi due americani con un particolare tatuaggio in testa (tipo cerchi nel grano, ma significa altro, due pallini neri in alto sui padiglioni auricolari), convinto che le torri siano state abbattute dalla CIA, sono giorni che mi martella con questo libro: "Open Veins of Latin America" di Eduardo Galeano. Me lo presta una notte che poi deve partire (il libro, regalato ad una tipa canadese, non lui), leggo qualcosa, l'autore e' uruguagio, mi intriga. E' la storia del sottosviluppo del sub-continente americano, la storia dello sfruttamento di popoli e persone, raccontata come una fiaba triste da questo scrittore-poeta quaggiù idolatrato e di cui ignoravo l'esistenza. Vado a cercarlo in lingua originale, lo trovo facilmente in un chioschetto in Plaza Italia ... unisco l'utile (leggerlo) all'utile (leggerlo in lingua).

... una sera esco con Manuel, questo ragazzo con cui, volente o nolente, sto compartendo vari momenti di vita. Si vede che gli manca la sua terra, è qua da cinque anni, sta bene, però è spesso attaccato a YouTube per guardarsi spezzoni di Totò, Aldo Giovanni e Giacomo, Sordi e quant'altro. Mi definisce "immigrante italiano", come lui, regalandomi il primo scatto di un ritratto cubista che andrà a completarsi di lì a poco. Camminiamo per un tot di quadre in cerca di un ristorante, ma è troppo caro, allora saltiamo su un taxi e ci facciamo portare in posto che fa "parrilla libre", ossia c'e' un ricco buffet e una griglia sempre accesa e ricoperta di carne, tu entri e ti servi finchè non esplodi. Il posto è già carino, con una bottiglia di vino riusciamo a spendere 20 pesos a testa (circa 5 euro). Da lì ce ne andiamo ad un casinò a Puerto Madero, lui è fanatico delle macchinette da poker. A me non interessa ma tant'è, sono altre immagini che mi porterò dietro. Cambia qualche peso, mi obbliga a giocare a qualche slot, alla fine ci alterniamo su una macchinetta del poker con la quale riusciamo a rimanere in partita per una buona mezz'ora. Succhiando un wiskola al bancone, le parole viaggiano su un tappeto di ovattati suoni elettronici e qualche vomitata di monetine, ching ching ching blip blip blip taka taka taka. Ritorniamo felici all'ostello, ce ne fumiamo una sulla terrazza. Americani e Tedeschi sono in sala internet-lettura, mi avvicino e Craig mi fa "stavamo parlando di te, lo sai che vesti e parli come un socialista ?" click, secondo scatto.
Il terzo me lo regala Andres, il disegnatore chileno che conosce personalmente nientemeno che Juan Gimenez (!!!),
definendomi "umanitarista" per la mia quest alla ricerca della collaborazione coi companeros delle fabbriche occupate.

... un asado in compagnia qua sulla terrazza dell'ostello, durante la quale scopro che i metrosessuali esistono veramente, non sono un'invenzione degli autori di South Park ... ero piegato dalle risate ! Esistono, sono quello che South Park ci ha mostrato, e le nuove generazioni di italiani maschi sono tutti metrosessuali. Non solo, esistono anche gli ubersessuali, quelli che si comportano come il personaggio di "Un pesce di nome Wanda" che si annusava le ascelle. Risate sempre più grasse.

Niente foto. Mi sarebbe piaciuto ritrarre i volti di tutte queste persone, ma avrei voluto farlo come un occhio discreto, lontano dal centro dell'attenzione, carpendoli durante le loro comuni attività, niente pose, niente primi piani con flash sparati sulla faccia. Impossibile, purtroppo.

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