venerdì 29 dicembre 2006

Cala la notte

Forse questo capitolo lo apprezzeranno solo le lettrici ... o forse neppure loro.

Leyla, in arabo, significa notte. Si' perche' suo nonno e' siriano, tanto per insaporire ulteriormente il cocktail che ho lasciato decantare tre giorni prima di assaggiare.
Abbiamo un feeling incredibile, stessa eta', stessa altezza, stesso passo, molte idee basilari condivise, e i silenzi fra di noi non sono "incomodi", lei mi confessa felice. E' una gran cosa poter stare in silenzio con una persona. Possibile che entrambi abbiamo incontrato cio' che da sempre cerchiamo ? Lei ha un passato tumultuoso alle spalle, che il mio a confronto e' una fiaba per educande, e come me ha bisogno di un partner, capace di avere la testa sulle spalle quando serve, di sognare sogni possibili e improbabili, di amare ogni notte come fosse l'ultima di questo pianeta, di condividere il possibile lasciando spazio all'individuo: io, lei, e noi.
Siamo entrambi profondamente instabili, dissimili il giusto per compensarci: lei balla come un serpente peccaminoso, guarda troppa televisione ed e' consulente finanziario: io ricordo le mete che mi sono prefisso di raggiungere anche durante gli attacchi di delirium tremens, ho la mia coscienza politica, e fede assoluta in un futuro intensamente radioso.
Abbiamo un sogno in comune: sparire in un paradiso tropicale gestendo prenotazioni e versando cockatil in una posada su una spiagga bianca, distratti dal grido di qualche raro uccello oceanico. Era il suo sogno prima di incontrarmi, e il mio prima di incontrare lei, e per questo lo possiamo condividere - nessuno sta rubando nulla all'altro, solo si aggiunge forza, sogno e desiderio.
Ci baciamo sotto una palma alla luce di un tramonto.
Ci incontriamo una notte dopo esserci gia' salutati, io, lei, Buenos Aires e una rosa.
Giriamo la citta' affollata alla ricerca di una stanza in cui ammirarci in silenzio, vivere un po' di intimita', e far tremare le fondamenta della Terra.

La quale nel mentre continua a girare.

Spariscono in serie oggetti (non miei) dalla camera dell'ostello, e viene accusato e cacciato Manuel - forse a ragione, forse no - una scena da dimenticare, mentre svuota lo zaino sul banco della reception. Gli ho lasciato i miei recapiti ma non si e' fatto sentire, andro' a cercarlo al Mint dove saltuariamente lavora, mi dispiacerebbe perderlo di vista.
Vado alla marcia in ricordo dei morti del 19 e 20 dicembre del 2001 - ventimila persone ad affollare Piazza di Maggio, Luisina a scattare foto con il distintivo "PRESS" al collo, intensa emozione quando lo speaker annuncia tutto il popolo che confluisce "da avenida de mayo ! da la diagonal norte ! y da la diagonal sur !", quando si richiede a pieni polmoni "aparicion con vida y castigo a los culpables". Parlo con un po' di gente di AnRed, forse in gennaio mi danno qualcosa da fare.
Vado a passare il natale a Santa Fe da una signora con cui chatto da un paio d'anni - persone, lei e la sua famiglia, semplici ed amichevoli, il migliore e' suo figlio piccolo di quattordici anni. Lei mi regala due libri, uno dei quali contiene sue poesie (fa la scrittrice, ora), e la seconda meta' della notte di natale, dopo essere tornati a casa sotto un diluvio di proporzioni blibliche, con le strade allagate fino alle mie ginocchia, mi aiuta a tradurre il curriculum.
Si', provo a cercare lavoro (in nero chiaramente, sono senza visto e ottenerlo e' fantascienza).
Si', Leyla ha sconquassato la mia gia' incerta trama di vita qua, e poi comincio ad essere stufo di vivere in camere compartite, di attendere di essere ricevuto da un qualche personaggio della Texil (manco fosse lui a farmi un favore), di rubare alla notte fugaci momenti di intimita' con la mia donna, in un ascensore o una strada deserta. Possiedo di nuovo qualcosa di molto simile ad un progetto di vita, ho di nuovo bisogno di soldi, e credo di essermi riposato abbastanza.
Mi serve una centrale operativa.

Su le maniche, e vediamo che mi riserva la suerte.

lunedì 18 dicembre 2006

Sangre mezclada y lengua torcida

Diabliyo si chiama il posto.
Beviamo birra, parliamo con i ragazzi della sicurezza (Manuel conosce un po' tutto il mondo notturno, dai buttafuori ai travestiti che battono al parco), e facciamo due tiri a biliardo (io sono davvero una merda a giocare, non so quanto si sia divertito con me - problema suo, IO mi sono divertito ... ).
La musica e' buona, le ragazze pure; beh, qua le ragazze sono un sogno ... occhi stupendi, labbra carnose, curve generose, si vestono in maniera provocante e pare siano abbastanza facili. Lui ci prova con qualcuna, cerca di tirarne su una anche per me - io non padroneggio abbastanza lo spagnolo per attaccare bottone, e anche in italiano non e' mai stata la mia specialita'.
Non e' una scopata, comunque, quello che cerco, o di cui ho bisogno - non l'ho mai cercata e non vedo perche' dovrei cominciare ora. Vabbe', siamo sinceri, quelle rare volte nella mia vita che mi e' capitata fra capo e collo non e' che mi sia tirato indietro, pero' ... insomma ci siamo capiti, poi dovreste conoscermi.

Cosi' tra una birra e l'altra, una siga e un commento sul culo di una mina (Manuel ha una perversione feticista per i culi), mi accosto alla barra del balcone del secondo piano del pub, a guardare un po' il movimento nella dance floor la' sotto, puntellata di tavolini e bicchieri vuoti. Il posto manda buena onda.

Giro la testa e mi accorgo che nella cabina del dee jay sta ballando la reincarnazione di Salome'.

Deve essere alta come me, capelli scuri, ondulati e ribelli; si muove come se tutte le sue giunture fossero raddoppiate, non ha spigoli vivi nel corpo, e lo padroneggia completamente - tutto, le mani, le spalle, i fianchi, le braccia, i capelli stessi, gli occhi, tutto di lei esprime energia.
A differenza delle squinzie che popolano il locale, indossa un vestitino intero che pare uscito da una striscia di Charlie Brown, zigo zaghi neri su un fondo marrone - niente di ricercato o provocante, e' casto, non ha scollature ne' davanti ne' dietro, e' lungo fino al ginocchio e senza spacchi; pare che un sarto glielo abbia cucito addosso perche' le calza come una seconda pelle, e quel sarto vorrei essere stato io.
La luce del monitor su cui gira il programma di mixaggio le illumina il viso, che non reca traccia di trucco.
Ha due grossi, semplici orecchini che le pendono dai lobi, e occhi vivi, grandi - ora chiusi in una smorfia di godimento musicale, ora aperti a riflettere i fotoni del tubo catodico, ora chiusi di nuovo.
E non e' una ragazza, e' una donna, con tutte le lettere maiuscole.

La guardo. La fisso. Incantato e famelico.
I suoi enormi occhi grigioverdi si spostano su di me, incontrano i miei, e li' si fermano.
Un sorriso, reciproco.
Continua cosi' per un po'. Lei balla e mi guarda, io martello ritmi sulla ringhiera e le sorrido. Alla fine mi decido a mimarle qualche gesto inconsulto, che nella mia testa significa "stai lavorando, non posso venire a molestarti", ma lei esce decisa dalla cabina, e io mi accosto.
Non usa nemmeno profumo.
Le spiego i gesti, lei mi dice che non sta lavorando, il dee jay e' un suo amico e sta passando li' la serata.
L'accento non e' il solito, di dove sei ? Sono brasiliana, mio padre e' chileno e mia madre spagnola, e lavoro nel campo della finanza. Io sono italiano, e in dieci secondi le riassumo il perche' sono qua, lottando contro il frastuono delle chitarre e i limiti di un idioma non mio.
La guardo negli occhi, e passa un secondo, due, troppi, va a finire che la perdo, quindi le dico la verita':
perdonami, sono un introverso del cazzo, non so piu' cosa dirti se non che mi fai ribollire il sangue nelle vene.
Davvero ? mi fa lei sorridendo e stringendomi il braccio. E mi lascia il numero di telefono.
Chiamami. Io torno dal dee jay, gli ho detto che passavo la serata con lui e mi sembra una cosa ... pero' chiamami, ok ?
Ci puoi contare querida, non serve ripeterlo ...

Si chiama Leyla.

Peninsula Valdez - Busqueada de trabajo

Il giorno seguente mi sveglio con fatica, sono l'ultimo ad abbandonare la camerata.
Faccio colazione (caffe' con leche, pan con manteca y dulce de leche ... me encanta el dulce de leche, e pare che sia veramente facile da fare, mi han detto che si puo' ottenere mettendo la latta del latte condensato in una pentola a pressione per una mezz'ora), mi appunto tutti gli indirizzi dei vari diving del luogo, racconto a David, il ragazzo spalmato della sera prima, un po' di quello che sto andando a fare; ci diamo un mezzo gancio volante sulla spiaggia, oppure all'ostello per pranzo.
Esco quindi a cercare lavoro; non ho una reale speranza di ottenere qualcosa, so che e' tardi e tutti i team saranno ormai armati, ma tentar non nuoce.
Il primo diving: niente. Ciao, grazie.
Il secondo: niente. Pero' guarda che l'ultimo in fondo a questa strada, so che sta cercando. Ok, grazie mille, vado subito.
Eccomi. Parlo col tipo, che mi propone di lavorare per lui, a patto che i clienti me li procuri io da solo. Come scusa ? Si, chiaro, mica ti posso tenere qua aspettando che la gente arrivi, pagandoti per cosa ? Vai negli hotel, tiri su un po' di gente e poi te la porti sott'acqua. Vedrai che quattro o cinque persone al giorno le raccatti, qua si usa molto. Ah si? mah, ci penso, lasciami il biglietto da visita.
UHMMMMM penso, non e' che sia il massimo della professionalita'. Vediamo, alla peggio e' l'ultima spiaggia, pero' ... anche se fosse l'ultima, davvero me la sento di andare in giro a baccagliare la gente cosi' ? Davvero sono il tipo in grado di fare una cosa del genere ? No, penso proprio di no.
Beh, andiamo al prossimo. Non c'e' nessuno, solo un biglietto che dice "regreso en una media ora". Ok, mi prendo un gelato. Quando torna la tipa, mi dice che el equipo esta armado, pero si quiero posso lasciarle un curriculum. Cazzo, un curriculum ! Non che ci sia molto da scrivere, pero' potrebbe essere un'idea. Guarda, te lo porto oggi pomeriggio che non ci ho pensato a stamparlo ...
Vado in un altro diving ancora, e anche qua mi dicono la stessa cosa.

Quindi pranzo e torno all'hotel, tanto devo aspettare fino alle cinque circa che ritornino i padroni di un paio di diving per parlare direttamente con loro. Racconto la mattinata a David, parliamo del piu' e del meno; lui e' un ... biologo ? Sta facendo il volontario in varie realta', ha passato un mese nella giungla in Costa Rica a studiare le abitudini di branchi di scimmie; mi racconta di un uccello allucinante, che per conquistare la femmina fa a gara con gli altri maschi a chi canta piu' a lungo, ed il suo canto e' composto da due sole note, lunghe, alternate. Per settimane. Sempre, giorno e notte, senza interrompersi. Era il suo incubo, e ci credo. Gli chiedo se mi da' una mano a stilare il curriculum, così dopo il suo pranzo andiamo in un locutorio, buttiamo giu' queste due righe e assieme andiamo a lasciarlo in un paio di posti.
Aspettando le cinque, ci buttiamo sulla spiagga a fumare, a sghignazzare, a fare alti e bassi discorsi; un perro martoriato dalle zecche decide che la mia coperta e' abbastanza grande anche per lui e ne occupa un terzo. Lo ringraziamo, il vento e' freddo e la felicita' e' un cucciolo caldo.

Nell'ultimo posto dove ci rechiamo, quello che Gladys mi ha consigliato caldamente, il ragazzo-proprietario mi spiega che i miei "titoli" non sono riconosciuti per niente in Argentina, qua o sei SSI, o vai a dare un esame nazionale comprensivo di tutto, natazione e altre merdate. Mi par di capire che qua se la tirano un po' "sai l'acqua e' fredda, la visibilita' poca, devi immergerti con un sacco di pesi" eccetera. Pero' - mi fa il tipo - se vai in brasile, con quello che hai e sai fare trovi tutto il lavoro che vuoi; qua puoi solo sperare di fare il pontonero, riparare equipaggiamento, trasportare bombole, ormeggiare le barche. Chissa' - penso - dovrei incontrare Mexico verso la fine dell'estate da quelle parti - e altro di brasilero andro' a incontrare sulla mia strada ... sara' una profezia ?
Quindi alla fine non ho raccolto niente, pero' sono comunque felice, di aver trascorso una giornata attiva, di aver condiviso il mio tempo con David, e che qualcuno mi abbia spiegato per bene la realta' subacquea argentina.

Il mio pullman per tornare alla capitale e' alle otto, e sono le otto meno venti - cazzo. Corro all'hotel e chiedo al marito di Gladys di chiamarmi un taxi, saranno quindici quadre fino alla stazione ... lui mi guarda e mi fa
"no vas a llegar !"
come non arrivo in tempo ? cazzo sono quindici quadre, quanto ci mette un taxi ad arrivare ? eh, una mezz'ora .... infatti chiama e gli danno venti minuti di attesa. Cazzo, caZZo, cazzO ! Vai a prendere il collettivo qua all'angolo. Volo. Non arriva. Mi incammino con David al mio fianco che gentilmente mi porta un pezzo di zaino, io con i miei venti chili in spalla non posso correre piu' di tanto .... Ma (grazie alla suerte e al calore umano sudamericano !) tempo due quadre e il marito di Gladys ci spunta di fianco con la sua macchina, ci carica e mi smolla alla stazione giusto in tempo (ma proprio giusto). Abbraccio entrambi con calore, rimango in parola con David di reincontrarci a BsAs, e mi imbarco.

Questa compagnia di bus fa cagare rispetto a quella dell'andata, ma tant'e'. La cena viene servita in un ristorante anziche' a bordo, per lo meno e' calda, pero' niente colazione e pranzo. Mi siedo a mangiare con un ragazzino (df, ormai chi ha circa vent'anni lo considero un ragazzino, sto proprio invecchiando ....) charliamo, e poi mi offre un porro "per viaggiare sereni" .... che grande ! grazie amico. Mandano una pelicula con Jim Carrey, Fun With Dick and Jane, davvero carina, se vi capita buttate un occhio.

Arrivo alla capitale che e' pomeriggio inoltrato, ritorno all'ostello che ormai sento come una seconda casa, e riprendo possesso del mio letto. Manuel e' felice di rivedermi, questa sera decide di non lavorare e di portarmi in un discopub dove mandano musica rock - bella storia.

Bella storia, che continua, ma da' inizio ad un capitolo a parte.

domenica 10 dicembre 2006

Peninsula Valdez - Puerto Piramides

Il collettivo arriva verso le undici in questo posto sperduto e incantevole.
E' una lunga via con una serie di case, ristorantini, officine di buceo, gettate in ordine sparso su ambo i lati, che si snoda lungo la baia che si affaccia verso la parte sud della penisola.
Gladys ha parlato con la ragazza che lavora nell'ostello all'inizio del pueblo e mi ha prenotato tre notti. Di nuovo camera compartida, l'ostello è molto carino e tranquillo.
Farò amicizia con un ragazzo australiano che lavora lì e sta cercando faticosamente di apprendere lo spagnolo.
Ci incontrerò pure un vigile del fuoco italiano con cui scambierò qualche fugace parola, mi racconta di come a Rio sia stato derubato due volte in dieci minuti, la prima da una banda di ragazzini che lo hanno inchiodato a terra pistola alla testa, la seconda da un europeo con macete alla gola (solo che non aveva proprio più niente e quindi gli ha gettato con stizza addosso una lattina vuota, quello che gli rimaneva ... e il cuchillero fortunatamente non se l'è presa troppo).
Anche col ragazzo che lavora come cameriere al baruccio vicino alla spiaggia, dove vado a mangiare quando non ho voglia di fare la spesa e cucinare, entreremo in confidenza. Gli racconto le mie giornate, lui mi offre una birra di tanto in tanto, mi racconta di come gli manchi la sua famiglia che sta a Puerto Madryn, suo fratellino piccolo e la sua festa del quinto compleanno. Però qua guadagna abbastanza, dorme in tenda nel campeggio, e lavora in un posto che è veramente spettacolare.
Però questo è il mentre, o il dopo, mentre la prima cosa che faccio una volta scaricato lo zaino è mettermi alla ricerca di Luisito, il fratello della moglie dell'amico di un Amico. E' facile, chiedo al ragazzo della stazione di servizio che mi mette subito sulla rotta giusta, poi a un altro ragazzo che cammina per strada e che ha la faccia da locale ... il gioco è fatto. Mi accoglie calorosamente, mi dà un paio di dritte, e comincio a battere i diving in cerca di un eventuale lavoro. Immagino che la cosa sia abbastanza improbabile visto che l'estate è alle porte, ma tentar non nuoce ... perguntar es obligaciòn, contestar cortesia.
Il primo è a posto, e si trova vicino all'officina-elettrauto di Luisito, dall'altra parte del pueblo. Scendo sulla spiaggia per ritornare verso l'ostello dove si trovano gli altri diving, e mi fermo a mangiare un choripan. Guarda un po', la simpatica signora che affetta i salsiccioni ha il nonno piemontese, si ricorda pure qualche frase in dialetto ! Ciarliamo un po' e arriva una guida di un diving proprio lì sopra .... insomma, parole dopo parole capisco che qua difficilmente troverò lavoro, il pueblo è piccolo e lavora la gente del pueblo, giustamente ... però mi dicono di passare da Juan che pesca mariscos e vuole attrezzarsi per il turismo, non si sa mai ... a me pure pescare frutti di mare andrebbe bene, sempre esperienza è ! Anche lui sembra sia a posto, però mi lascia il numero e mi dice di richiamarlo verso il 15 di dicembre che saprà qualcosa di più certo.

Più tardi, o forse il giorno dopo, torno da Luisito per raccontargli un po' le mie vicende, mi fa assaggiare il mio primo mate ... amaro come il fiele, però devo dire che non mi è dispiaciuto, non andrò mai a dire di no a successive offerte, sue o altrui.

In ogni caso voglio farmi un tuffo con le bombole, quindi vado a rompere le palle agli amici della porcara piemontese. Oggi però c'e' troppo vento, non usciamo di sicuro. Ma domani ? Sì, ne abbiamo uno al mattino, vieni per le undici. E oggi che faccio ? Se cammini per di là sul sentiero, incontri una strada che incrocia dopo l'antenna, vai a sinistra e trovi una piccola colonia di foche ...
Mi incammino sull'altipiano sotto un sole cocente e contro un vento freddo e teso che spazza questa terra sabbiosa chiazzata di arbusti spinosi. Il panorama è spettacolare, già il giorno prima ero andato ad esplorare il lato occidentale della spiaggia, quedandomi un poco bajo el sol verso la fine, osservando la marea salire sugli scogli scanalati dalla risacca, colmi di alghe ed invertebrati, scattando foto qua e là e godendomi il silenzio vivo e la calda solitudine della natura.
Da lontano scorgo macchioline marroni sugli scogli neri, immagino che siano i leoni marini e mi dirigo diritto verso di loro, abbandonando la strada, scivolando lungo le ripide e sdrucciolevoli pareti sabbiose che separano l'altipiano dall'ammasso roccioso che forma la costa. I gabbiani mi volano alto sopra la testa emettendo le loro urla rauche, probabilmente sono in allerta perchè hanno i nidi pieni di uova ... io speravo di avvicinarmi il più possibile ai leoni con il favore del vento, invece i volatili hanno fatto da vedetta e i mammiferi marini, prima in molle dormiveglia, alzano il capo disturbati. Uno si tuffa pure (e non credo che potrà risalire finchè non si alzerà la marea, ci sono cinque metri di dislivello dall'acqua agli scogli). Mi balenano in mente immagini hitchcockiane ritmate dai garriti insistenti, faccio un paio di scatti e giro i tacchi. Ritornare all'altipiano non sarà impresa facile - anzi, più tardi scoprirò che in teoria sarebbe stato vietato scendere ... ahemmm ....
Lungo la via del ritorno al pueblo, incrocio sul sentiero un armadillo .... bicho temeroso y raro ....

Una sera vado a fare l'escursione per vedre le balene ... la baia è piena di mamme coi cuccioli (ehm ... un cucciolo pesa tre tonnellate alla nascita e dieci quando parte per la migrazione verso sud ...) .... E' spettacolare vedere questi nenes che vogliono avvicinarsi alla barca e le mamme che cercano di tenerli a distanza, i colpi di coda sull'acqua per chiedere cibo, le madri sul dorso con le pinne pettorali all'aria e i bambini sopra, a danzare in un mastodontico abbraccio acquatico. Dovrei avere qualche scatto degno di nota ....

L'immersione è simpatica, scendiamo massimo otto metri circumnavigando uno scoglio al largo della costa. Alla fine siamo usciti verso le due perchè il vento continuava ad essere un po' troppo forte e i ragazzi hanno voluto che calasse completamente. L'acqua è abbastanza fredda, esco con le mani intorpidite; ci sono una decina di metri di visibilità, che per il luogo mi par di capire siano un montòn, e il mondo marino è peculiare, colorato, pieno di molluschi, alghe, stelle di mare di varia foggia colore e dimensione, pesci curiosi che si lasciano avvicinare oltremodo. Mi diverto, anche perchè in pratica l'immersione la faccio da solo: in testa la guida si stava portando un ragazzo che faceva il battesimo, io dietro mi facevo gli affari miei senza che alcuno se ne curasse ... ogni tanto cercavo le bolle e mi dirigevo verso di loro. Sì, esco dall'acqua proprio contento.

Vengo a sapere che al campeggio c'e' una classe di biologia che si fermerà una settimana a fare uno studio sul campo, complementare per gli studi. Il ragazzo Australiano è al settimo cielo: PASSERA ! jajajaja ... de todos modos, una sera dopo la cena al baruccio del mio nuovo amico, guardo sulla spiaggia e vedo un fuoco ... così torno in ostello, prelevo il ragazzo assieme a qualche birra, e andiamo ad unirci alla festa. Mi fanno bere un sacco di Fernet con Cola, che qua chiamano amabilmente Fernando ... charliamo del più e del meno, di quel che pasa in Italia, del lavoro di buco, della politica Argentina. Mi sorprendono questi ragazzini (hanno dai venti ai ventidue anni) con tanta coscienza del mondo in cui vivono, politica, sociale, culturale: il confronto con la nostra gioventù è a dir poco disarmante. Glielo dico, guardate che qua voi avete un potenziale sociale senza eguali .... mi contestano che sì, è un potenziale, però qua abbiamo il nostro oppio per il popolo, il football .... incredibili.
Conoscono bene Galeano, sono contenti che legga quel libro (las venas abiertas de america latina).
Tornerò, sempre con l'australiano, la sera successiva ...
parleremo ancora e ancora, di lingue, di popoli, dell'Italia, di calcio, di tutto e niente,
entrambe le volte
tirando l'alba davanti al fuoco morente
con vino, Fernet Branca, Quilmes Cristal
coi cani del pueblo che si acercano per scambiare calore e ricevere qualche carezza
la luna piena
Orione che risplende in tutta la sua magnificenza, con la testa capovolta e l'arco puntato ad occidente
lo sciacqìo della risacca
una chitarra che ritma canzoni a me sconosciute (tranne Manu Chao)

Ritorno giovedì a Puerto Madryn, non col collettivo ma con il minibus che fa il giro della penisola, tra una colonia di elefanti marini, una di pinguini, stanchi guanachi che ti guardano con quel classico viso da ruminante, e un nandù che quasi investiamo mentre attraversa la (sua) strada.

Gladys mi accoglie come farà mia madre quando rimetterò piede in Italia, e nella camerata dell'ostello incrocio un giovane spagnolo con la faccia sfatta dall'evidente festa della sera precedente, che striscia fuori dal letto giusto per fare una doccia, mi da' un saluto impastato e torna a collassare. Con lui dividerò quasi tutto il giorno successivo, probabilmente ci reincontreremo qua nella capitale.
Ho una fame bestiale, esco a comprarmi due milanesi (qua vanno veramente un sacco, in piatto, in panino, in ogni modo ... si sono pure inventati la "milanese napolitana", che è una milanese con sopra prosciutto e formaggio ....), verdura, frutta, acqua e gazzosa, e mi cucino una cena colossale per la modica cifra di tre euro.

Mi preparo un joint e vado a fumarmelo sul molo.
All'orizzonte il temporale che prima ha investito la cittadina si sta spostando verso sud, i lampi e i fulmini si scatenano illuminando a giorno le nuvole lontane.
Un uccello pescatore mi regala la visione di una sua rapida caccia: uno sguardo nel blu, tuffo, emersione con un'acciuga nel becco. Non vuole morire, lo tiene serrato qualche secondo nel becco prima di inghiottirlo.
Cammino lungo la spiaggia, e penso che dovrei mutarmi in un granchio per proseguire avanzando e poter mirare al contempo, costantemente, lo spettacolo del temporale lontano.
Un cane mi si avvicina e giochiamo un po' a rincorrerci sulla rena.
Proseguo per un bel po', arrivando quasi alla fine della baia. Sono le due di notte e ancora qualche intrepido amante dello jogging corre al buio sulla spiaggia sferzata dal vento freddo dell'oceano.
Decido di tornare camminando sulla strada, incrocio dei freak che si dirigono ad un pub, una ragazza con il viso truccato e dei festoni bianchi legati alle braccia mi vola di fianco sorridendo come una gabbianella muta.

E' la notte delle bestie, pare.

Peninsula Valdez - Arrivo a Puerto Madryn

Il pullman ci impiega qualcosa come venti ore per coprire i millequattrocento km che separano Buenos Aires da Puerto Madryn, una cittadina sulla costa che fa da porto, centro di smistamento del traffico su gomma, località di villeggiatura e base per immersioni.

Arrivo la domenica pomeriggio e scopro che non ci sono pullman per Puerto Piramides, il pueblito al centro dell'istmo che collega la penisola al continente, che è la mia vera meta.

Per avere un'idea guardate qua.

Chiaramente non ho prenotato nulla, quindi apro la mia Lonely Planet e comincio a sfogliare. Zaino in spalla, vado verso il posto più barato, e non ha letti. Nemmeno il secondo, nè il terzo. Alla fine arrivo all'ostello "El Retorno", dove Gladys, la proprietaria che mi tratterà come fossi un suo figlio, mi spiega che c'è un convegno di biologi in città, e quindi è tutto pieno. Ha solo una stanza singola che mi andrà a costare 100 pesos (25 euro), ma chissene frega, sono tre settimane che dormo assieme ad altre sei persone, una notte di libertà posso concedermela.
Stiamo a charlare per un tempo indefinibile seduti al bancone che fa da reception e bar per la colazione e postazione internet. Il suo terzo figlio si chiama Emiliano, e il nome lo hanno scelto gli altri due figli. Suo marito fa il dentista, gli racconto perchè in Italia ganan monton de plata, e mi pare che qua sia el mismo (solo in pesos e non in euro). Mi dice che in argentina la gente è obbligata a votare, puoi evitarlo solo se il giorno delle elezioni ti trovi a più di 500 km dalla tua circoscrizione, presentandoti ad un posto di polizia. Parliamo di calcio, gli racconto che sono, tra le altre cose, un sub (che qua si chiama buco e si pronuncia buso con la s dura, mas o meno). Mi dice di andare a parlare con quel ragazzo di Lobo Larsen, chissà. Già chissà, sarebbe una bella cosa passare i due mesi estivi (gennaio e febbraio) a fare la guida per di qua ... però prima vado a vedere che succede a Puerto Piramides, poi quando tornerò, se non avrò trovato niente là, proverò qua.
Mi faccio una doccia nel mio bagnetto privato ed esco a mangiare nel ristorantino che mi ha consigliato lei, zuppa di mariscos e vino rosso, entrada y postre per 22 pesos. Provo a dirigermi verso la spiaggia ma il vento è eccessivo, e freddo, e io ho addosso solo una camicia, quindi torno indietro a godermi la dormita, mi guardo pure un film di Schwarzi doppiato in spagnolo (il telecomando non funziona e mi stanco presto di cercare qualcosa di meglio in mezzo a cento canali).

Il mattino dopo il pullman per Puerto Piramides mi attende alle 9.30.

Luisina, finalmente

Mi stavo veramente deprimendo, quindi ho deciso di cambiare aria.
Pianifico (ahem, per modo di dire) un veloce giro della Peninsula Valdéz: a Puerto Piramides mi attende il fratello della moglie di un amico di Cactus, con il quale ebbi un fugace incontro nella serra, parlando di subacquea e giri del mondo. Parto il sabato verso sera e conto di ritornare qua il venerdì successivo (sarà poi il sabato, invece).

Venerdì è il mio compleanno, e, incredibile ma vero, Luisina mi chiama:
- sono a casa, passa quando vuoi che parliamo un po'
- dove abiti ? mi dai l'indirizzo corretto ?
- guemes xxxx
- ma porcaputt, è NELLA STESSA QUADRA DELL'OSTELLO !!!
- jajajaja, la suerte ...
- si ma stiamo nella stessa quadra e mi hai fatto aspettare tre settimane per fare due ciance ?
(ok, l'ultima frase non gliel'ho detta ma immaginate cosa mi passava per la testa)

bene, mi faccio una doccia, esco dal portone, attraverso la strada e le citofono. In casa ci sono lei, la sorella e la madre: mi accolgono in maniera deliziosa, mi "obbligano" a cenare con loro, mi fanno gli auguri (ci scappa pure una fetta di torta), e Luisina mi tiene a parlare fino alle tre e mezza di notte, dalle sei circa che mi sono presentato. Faccio un po' fatica a seguirla alcune volte, i portegni parlano molto rapido e usano parole dello slang il cui color m'e' duro (che, re*, voludo, etc.). Mi racconta delle fabbriche, della disorganizzazione che ivi impera, dovuta al fatto che le "teste pensanti" non hanno partecipato alla presa, andando in cerca di altri lavori forti dei loro titoli, cosicchè ora, in un posto tipo il Bauen (un hotel occupato in pieno centro della capitale), tutti i ruoli sono ricoperti dalle persone che prima facevano le pulizie ... manca una visione "imprenditoriale" del lavoro, vivono giorno per giorno senza chiedersi come migliorare l'attività, come soddisfare il cliente, come comunicare con esso e ad esso quello che accade dentro l'hotel, che comunque è una realtà particolare perchè fornisce servizi e non produce beni (come la Zanon o la Bruckman). Inoltre c'e' del segregazionismo da parte dei lavoratori verso chi si propone di aiutarli (come AnRed, l'agenzia di notizie per cui lavora Luisina, nonchè vari universitari che vengono gratuitamente mandati presso di loro a fare stage di vario tipo), perchè, appunto, "non sono del Bauen", e quindi .... mah ? non possono capire ? non sono dalla nostra parte ? Idiosincrasie di un popolo caliente.
La Zanon invece, mi dice, devi conoscerla, ci lavora il fratello di mia sorella, quella è un esempio di organizzazione, di carità, di lavoro, di lotta ....
Organizziamo un incontro con un mio amico (che non ricordo dove lavora o cosa fa esattamente), lo chiamiamo Manteca (burro .... jajajajaja). Perfetto. Dovrei vederlo nei primi giorni della prossima settimana.
Mi racconta delle Madri, della loro leader (Uba nonricordol'apellido), carismatica fin troppo, che recentemente ha tenuto una posizione ambigua riguardo alla sparizione di Jorge Julio Lopez, senza classificarlo come un (evidente) atto intimidatorio del potere costituito nei confronti del popolo e dei testimoni rimasti dei tempi della guerra sucia ... ora l'università delle madri, che prima era completamente popolare, gestita dal popolo per il popolo, rilascia titoli riconosciuti dallo stato, che l'ha unta tambien con un montòn de plata. Mi ricordo il discorso che ascoltai il mio primo giorno a Buenos Aires in piazza di maggio, tenuto proprio da Uba, nel quale appunto ella disse di non poter essere assolutamente dalla parte di un governo che vuole l'impunità per i mandanti e gli esecutori delle torture e delle uccisioni di quegli anni; un discorso che alla luce di queste nuove rivelazioni assume un sapore diverso, quasi un classico proclama di dissociazione e negazione a cui siamo tanto abiutati dalle nostre (da tutte le) cronache politiche.
E poi andiamo avanti. Mi racconta un po' di lei, io le racconto un po' di me, compartiamo il suo pacchetto di Lucky Strike e una bottiglia di qualchecola. Sono sicuro che se non mi fossi alzato mi avrebbe tenuto a parlare fino all'alba, ma le regole della decenza mi hanno convinto a levare le tende quando la frequenza degli sbadigli, suoi e miei, ha iniziato ad intensificarsi. Le traduco "levare le tende" con "sacar las carpas", lei ride, non è proprio un'espressione che si usa, però suona bene.
Asì, saco mis carpas.
Ci lasciamo con il singolo bacio sulla guancia che qua ti danno le ragazze quando salutano (lo trovo molto bello, meno formale del nostro doppio bacetto, mi riporterò indietro quest'abitudine) e un abbraccio caloroso.

Posso partire rincuorato e felice alla volta della penisola, patrimonio naturalistico dell'umanità, casa della balena franca e altri bichi pelosi.

E' stato un compleanno bellissimo.

Attesa

Cavolo, sono rimasto indietro di due settimane nell'annotare e ho qualche tonnellata di foto
da editare e caricare su flickr ... spero di non dimenticarmi nulla, tanto per voi quanto per me.

Diciamo che la seconda settimana è stata un po' provante per il mio umore, perchè Luisina ha continuato a rimandare il nostro incontro, che sostanzialmente doveva essere l'inizio di questa avventura, e la cosa mi ha lasciato un po' spaesato ... poi per me che mi incendio e mi gelo per un nonnulla ... potete capire.
Però ci sono stati sprazzi di sole, tipo ....

.. mi ricordo di aver fatto festa in maniera abbastanza seria il sabato dopo l'ultimo post, mi sono aggregato ad un gruppo di ragazzi qua dell'ostello (due irlandesi, una ragazza francese, un manipolo di californiani) e ci siamo fiondati nella notte portena (leggi portegna, "di buenos aires", non ho la tastiera castillana e nn ho voglia di cercare la n con la tilde). Sto sperimentando serissimi problemi a partecipare alle discussioni fra persone che parlano inglese come madrelingua, soprattutto gli americani con quel loro maledetto accento, mi piace dire che parlano come se avessero un osso di pollo incastrato fra le mandibole. Credo sia dovuto al fatto che il mio cervello si sta impegnando oltremodo ad apprendere lo spagnolo, o il dialetto dello spagnolo che qua si parla, sia quel che sia .... che è un idioma che sto adorando ! ormai mi scopro a pensare in spagnolo, e spesso, anche quando parlo con il mio, ormai, amicopusheritaliano, nella lingua del sì, ogni tanto mi mancano le parole in italiano e mi escono spontaneamente in spagnolo. E' una sensazione bellissima :D
De todos modos, birra dopo birra arriviamo in un ... boh ... music pub ? e la francese inizia a charlare con un gruppo di portegni, io mi aggrego con gusto, felice di non dovermi ulteriormente cimentare con l'inglese (anche se i dubliners sono simpaticissimi) e di poter praticare lo spagnolo. Tra due parole, due birre e qualche sigaretta si fanno le sette del mattino e il dj ci manda a casa. La francesina pare impegnata con un locale, non capisco se a respingere o accettare le sue (tipiche) insistenti avances, ma sinceramente non mi interessa approfondire, quindi saluto con calore i ragazzi del pub e mi incammino, un po' malfermo sulle gambe, verso il centro della città, alla luce già forte del mattino, tra una serranda che si alza e ragazzi che sciamano verso casa o qualche after-party (qua cominciano verso le nove del mattino e vanno avanti hasta la tarde).
Il mio stomaco brontola e mi acerco ad un mini-porcaro, chetandolo con un pancho con papas y chimichurri.
Arrivato in avenida de julio non ne potevo veramente più, ho chiamato un taxi e mi sono fatto scaricare all'ostello, giusto in tempo per ritrovare la compagnia con cui la notte era iniziata, al completo, e compartire la colazione appena servita, prima del risveglio degli ospiti per bene che saccheggiano la cucina peggio di uno sciame di cavallette bibliche.

... un giorno in cui, vagabondando per le strade del centro, mi sono imbattuto in un gruppetto che suonava cover di arie famose (tipo mission impossible) rimaneggiate funky: basso potente e preciso, batteria minimale, chitarra con wawa, un sax tenore e uno soprano. Mi hanno intrattenuto una buona mezz'ora, è stato bellissimo vedere questi cinque punkettoni (perchè quello erano) suonare in mezzo alla via più commerciale della capitale, attorniati da gente di ogni genere, vecchi e giovani, quadri e disoccupati, che ascoltavano felici la loro bella musica. Un gordo incravattato mi fa "sono buoni eh ?". Sì, sono proprio buoni.

... sono tornato all'università delle madri per chiedere un qualche contatto di un tipo che, durante il convegno già citato, aveva proprio presentato un lavoro sulle fabbriche recuperate. Io da tonto me lo sono perso in mezzo ai miliardi di incontri che erano stati organizzati, conserverò il programma perchè è qualcosa di sorprendente. In ogni caso mi danno un indirizzo e-mail, e torno felice all'albergo a scrivere per preguntare (però ho rimandato di un giorno perchè mi sono perso in mezzo a birre e camminate chilometriche con due americani di nn ricordo quale stato montuoso del centro USA). Il tipo in ogni caso non mi ha risposto e non credo che lo farà mai, qua capita, tal vez.

... craig (sarà quello il nome ? bah !), uno di questi due americani con un particolare tatuaggio in testa (tipo cerchi nel grano, ma significa altro, due pallini neri in alto sui padiglioni auricolari), convinto che le torri siano state abbattute dalla CIA, sono giorni che mi martella con questo libro: "Open Veins of Latin America" di Eduardo Galeano. Me lo presta una notte che poi deve partire (il libro, regalato ad una tipa canadese, non lui), leggo qualcosa, l'autore e' uruguagio, mi intriga. E' la storia del sottosviluppo del sub-continente americano, la storia dello sfruttamento di popoli e persone, raccontata come una fiaba triste da questo scrittore-poeta quaggiù idolatrato e di cui ignoravo l'esistenza. Vado a cercarlo in lingua originale, lo trovo facilmente in un chioschetto in Plaza Italia ... unisco l'utile (leggerlo) all'utile (leggerlo in lingua).

... una sera esco con Manuel, questo ragazzo con cui, volente o nolente, sto compartendo vari momenti di vita. Si vede che gli manca la sua terra, è qua da cinque anni, sta bene, però è spesso attaccato a YouTube per guardarsi spezzoni di Totò, Aldo Giovanni e Giacomo, Sordi e quant'altro. Mi definisce "immigrante italiano", come lui, regalandomi il primo scatto di un ritratto cubista che andrà a completarsi di lì a poco. Camminiamo per un tot di quadre in cerca di un ristorante, ma è troppo caro, allora saltiamo su un taxi e ci facciamo portare in posto che fa "parrilla libre", ossia c'e' un ricco buffet e una griglia sempre accesa e ricoperta di carne, tu entri e ti servi finchè non esplodi. Il posto è già carino, con una bottiglia di vino riusciamo a spendere 20 pesos a testa (circa 5 euro). Da lì ce ne andiamo ad un casinò a Puerto Madero, lui è fanatico delle macchinette da poker. A me non interessa ma tant'è, sono altre immagini che mi porterò dietro. Cambia qualche peso, mi obbliga a giocare a qualche slot, alla fine ci alterniamo su una macchinetta del poker con la quale riusciamo a rimanere in partita per una buona mezz'ora. Succhiando un wiskola al bancone, le parole viaggiano su un tappeto di ovattati suoni elettronici e qualche vomitata di monetine, ching ching ching blip blip blip taka taka taka. Ritorniamo felici all'ostello, ce ne fumiamo una sulla terrazza. Americani e Tedeschi sono in sala internet-lettura, mi avvicino e Craig mi fa "stavamo parlando di te, lo sai che vesti e parli come un socialista ?" click, secondo scatto.
Il terzo me lo regala Andres, il disegnatore chileno che conosce personalmente nientemeno che Juan Gimenez (!!!),
definendomi "umanitarista" per la mia quest alla ricerca della collaborazione coi companeros delle fabbriche occupate.

... un asado in compagnia qua sulla terrazza dell'ostello, durante la quale scopro che i metrosessuali esistono veramente, non sono un'invenzione degli autori di South Park ... ero piegato dalle risate ! Esistono, sono quello che South Park ci ha mostrato, e le nuove generazioni di italiani maschi sono tutti metrosessuali. Non solo, esistono anche gli ubersessuali, quelli che si comportano come il personaggio di "Un pesce di nome Wanda" che si annusava le ascelle. Risate sempre più grasse.

Niente foto. Mi sarebbe piaciuto ritrarre i volti di tutte queste persone, ma avrei voluto farlo come un occhio discreto, lontano dal centro dell'attenzione, carpendoli durante le loro comuni attività, niente pose, niente primi piani con flash sparati sulla faccia. Impossibile, purtroppo.

dos

ciàbbelli

questa settimana, dopo domenica, ho un po' cazzeggiato ... mi sono dato alla festa, la città aiuta parecchio in questo senso.
in generale, tutto quanto accade risulta molto più intenso e partecipato che non ... lol a Torino ... ma anche a Londra.

Venerdì scorso, sabato e domenica ho assistito ad una serie di incontri tenutisi all'università popolare delle madri, sul tema "salute mentale e diritti umani" - tra i quali un intervento dell'ambasciatore palestinese in argentina. Troppa gente, tutta e sempre presa bene - la cosa era iper-organizzata sebbene totalmente informale, gente seduta per terra, tendoni tirati in piazza perchè le aule non bastavano, e al contempo mille persone che ti indirizzavano, pulivano per terra, davano informazioni, etc.
In particolare mi è rimasto l'ultimo incontro, che abbiamo terminato svaccati in un prato nella piazza del congresso, io, due ragazze brasiliane, una catalana e una portena, ognuno a parlare il suo idioma e a confrontarsi in un'amichevole babele.

dopo di ciò niente di particolare, mi sono vissuto un po' l'ostello che è veramente veramente un bel posto, mille persone di mille paesi (anche se purtroppo si parla principalmente inglese .... vabbé, esercizio pure quello), tutti presi stra-bene, a qualunque ora del giorno e della notte, ovunque ti appoggi c'e' qualcuno sorridente con cui scambiare due chiacchere. In particolare sono entrato in simpatia ad un bruciato romano che vive da queste parti da 5 anni e fa il pusher, chiaramente. Alla fine il travestito ci ha portato in un gay bar qualche sera fa .... troppo ridere. I maschietti mi hanno detto che cmq non mi si scambia per gay, la cosa mi ha fatto molto piacere (loro invece erano un po' tristi).

Oggi sono tornato a marciare con le madri, ma soprattutto speravo di incrociare i ragazzi del BAUEN (un albergo occupato in centro a BA) che avevano organizzato una protesta oggi, solo che invece per strada c'erano altri incazzati perchè ci sono le discariche che inquinano fiumi e falde acquifere non ho capito dove, cmq in una zona povera, dove la gente chiaramente non ha l'acqua corrente e quindi rimane un po' offesa dalla cosa (ne crepa). figo, anzi orribile, xò nn quello che volevo, domani luisina dovrebbe aver finito i suoi esami e vediamo que pasarà.

ah nel mentre sono andato a vedermi una mostra di arte moderna qua al palazzo del correo (poste) che devo dire mi è piaciuta nonostante nn sia esattamente il mio genere. dura un casino e ci sono un sacco di esibizioni live, oggi ho beccato sei tizi che facevano teatro quasi muto in riga permanente, davvero forti .... e ho re-incontrato luther blisset !!!

cmq BsAs è davvero PAWA ...

jajajajajaja !

(che x chi nn lo sapesse si legge hahahahaha !)

sono (quasi) passati due giorni e mi sembra giusto farvi un breve sunto ... due giorni simpatici e atipici nonchè antipodici

intanto avevo mille paranoie ancora prima di atterrare per il discorso visto, dato che alla fine ho fatto il biglietto di sola andata una settimana prima di partire, e sebbene avessi ricevuto rassicurazioni verbali da più parti temevo sempre che mi cacciassero appena messo piede a terra ... invece il ragazzo al box immigrazione non ha voluto nemmeno sapere il motivo del viaggio e nn mi ha nemmeno segnato la data entro cui devo levarmi dai cojones.

da lì in poi praticamente tutto in discesa. prima di prendere il bus ho scambiato due parole con una che era stata paccata da un tipo di una chat, che cmq mi ha fatto gli auguri. poi ho sclerato un attimo a trovare un posto a prezzo decente che fosse in zona rispetto al mio mistico contatto (che dovrei incontrare domani per un caffè). alla fine sono capitato nel solito ostello della non più gioventù, che però almeno ha la connessione a infernet e una cucina senza alcun tipo di stoviglia, perchè è frequentato da merichelli che quando gli dai la padella per il pancake, il microonde e il tostapane si trovano già spaesati, troppa roba.

Cmq poi ho cominciato a gironzolare e ho attaccato bottone con una barista di nome Andrea che è anch'ella buceador tres estrellas CMAS e mi ha raccontato un po' di balene e immersioni in laghi panici, prima che cominciassimo a prendere per il culo i PADI. L'ho salutata con un bacetto e sinceramente mi ha illuminato la giornata, mi sentivo un po' stranger in a strange land.

Poi la sera acquazzone impossibile e quindi sono rientrato in ostello dove mi sono divertito a sentire merichelle impastare spagnolo ... alché ho intavolato una breve discussione sulle differenze fra i vari idiomi del mondo e una di queste ha detto:
1) italiano, francese, tedesco, sono molto simili
2) l'inglese è la lingua + difficile del mondo
poi mi ha guardato in faccia e si è corretta dicendo: meglio che stia zitta che io parlo solo l'inglese. brava.
più tardi un trans ha fatto apprezzamenti riguardo alle doti di noi maschietti italiani ma ho fatto orecchie da mercante ...
mi sono limitato a cantare con lei "i want to break free" poi se n'e' andata e io nn l'ho seguita. magari se ripassa oggi, diceva di conoscere un locale figo.

stamattina abbastanza di buon'ora (9) mi sono svegliato e bello fresco sono andato a gironzolare a puerto madero, 'sta zona che doveva essere un porto ed è diventato l'equivalente dei muri, ma più grande e più bello in generale. poi sono andato in plaza de mayo a svaccarmi e aspettare l'arrivo de las madres ... che si sono presentate puntualissime, io mi sono avvicinato, ho marciato con loro attorno all'obelisco, ho ascoltato quello che avevano da dire alla fine del giretto (sono nonne ormai, nn è che possono camminare per sempre). Ho scoperto che stanno facendo una quattro giorni di incontri molto interessanti presso la loro università, allora ho chiesto a una quando iniziava ed era da lì a 10 minuti ... mi fa "corri, è davanti al congresso, c'e' un macello di gente e devi registrarti" (tra l'altro era italiana) allora le ho dato un bacetto e mi sono fiondato
nella direzione sbagliata, emergendo dalla subte a tanti km da dove avrei dovuto andare. Per capire cosa era successo ho chiesto info ad una signora (i cui nonni sono della provincia di brescia, mi ha detto il nome del "pueblito" ma va a capire, c'erano delle ll e delle j di troppo per un lugar italiano), bacetto anche a lei e dato che era troppo tardi ormai sono tornato in ostello a scrivere e uppare foto.

Yess, ogni tanto (dipende dal tempo, dalla voglia, dalla disp. di rete, etc.) trovate nuovi scatti qua:
http://flickr.com/photos/drubbo/


ah, marciare con las madres e ascoltarle parlare è stata un'esperienza davvero intensa, tocca il cuore

ciao voi nell'emisfero boreale !

Ustica - h2o

Altro raccontino, altra giornata tipo di un altro me in un altro luogo. Mancano i nomi di tutti quelli che, per periodi lunghi o brevi, mi hanno accompagnato durante quest'avventura entusiasmente, che si sono ritagliati un posticino nel mio cuore, e che spero di incontrare nuovamente la prossima estate ....

Anche ieri ho sbagliato, come il giorno prima e quello prima ancora, e come farò stasera e domani e ogni volta che dovrei andare a dormire, ma il canto di sirena di un'altra Ceres intrappolata fra i ghiacci di un freezer mi incanta ed obbliga a liberarla nelle mie viscere; e così anche stamattina sembra troppo presto, ma sono le sei e mezza, inequivocabili, la campana ha dato il mezzo tocco dopo un numero indefinibile di colpi pieni a precederlo. Sono sempre più zombie, non morto e non ancora vivo, la genesi deve attendere altre due ore e mezza. Forza bello, in piedi! Guadagna il turno al cesso. Fai colazione, abbondante ed energica, fette biscottate e marmellata, ginseng (ging-sen ?), caffè e sigaretta. Che ore sono ? Ora di andare. Lenta e breve marcia in salita fino al magazzino, sono le sette e mezza nemmeno e il sole già cuoce cervelli ed epidermidi e peli e ciglia... quanti sono stamattina ? Un macello .... i battesimi chi se li smazza ? Dove andiamo ? Com'e' il mare ? O-kappa, 25 bombole di cui due diciotto litri più due bombolini; le cinture dei pesi; le borse (dio quanto pesano alcune borse ... e che odore che mandano altre, piscio e neoprente marcescente, cristo santo, ma lavatevele ogni tanto - maledetti); i frigo; i roster; gli erogatori dei bombolini; le nostre attrezzature; le borse nuove sono pronte ? Ok; torce, quante, una decina ? Ok; remi e tappo del tender ... a posto. Pronti. Via. Via con la jeep fatiscente, tutti ci chiediamo come faccia a stare in piedi, soprattutto dopo gli interventi del capo ... l'ultimo “di precisione”, che ridere ... eravamo lì a grigliare pesce coi clienti e lui che prendeva a martellate lo sterzo sotto la luce posticcia di un neon, per “riparare” il bloccasterzo che dava problemi (dopo l'alternatore, la batteria, lo sterzo, gli ammortizzatori, il sedile posteriore ...) e insomma, adesso la chiave non serve più, bisogna avviare con una pinza tipo banda bassotti .... ohi, occhio al muro che qua le strade sono fatte per i muli, mica per i cherokee ... e occhio alle buche che io sono seduto sul cambio! Ok arrivati, conquistiamoci un posto in banchina ora; che ci sono quei dannati che lasciano sempre ormeggiato lì davanti e noi ligi ligi a portare i gommoni ogni volta in mezzo al porto. Anche qua che scene a volte, quando il nababbo di turno sulla sua astronave ad elica ha la bella idea di attraccarsi in mezzo alle palle per la notte, e poi la mattina deve scacciare tutti i diving come un grasso barone sulle mura di un castello contro i lupi mannari, anzi, deve andarsene prima che gliela mandino a picco la sua fantastifuoribordaccessoriatalecomandata. Sfrussh, stunk, sfrussh, stunk, sfrussh, stunk fanno le bombole quando escono dal baule e toccano terra, e poi hopp, sgrikk, sgrikk, hopp, sgrikk, sgrikk quando le prendi e le sdrai in bella vista come una composizione culinaria per la delizia dei clienti, che tra un po' cominceranno a sciamare, i tuoi e quelli altrui, come api sul miele, come mosche su altro, come pirati su un tesoro, belli, allegri e riposati, pronti per farsi portare al luna park marino, con te in testa – che non aspetti altro in verità, ma prima del premio c'è ancora un lungo calvario. Chi arriva tardi; chi trova la sua borsa da un lato e la sposta dall'altro con le sacche del gommone sbagliato; chi vuole darti una mano e non fa altro che incasinarti la vita; chi non arriva proprio e tu gli dedichi due bestemmie e il sudore che hai versato invano per lui; chi si è dimenticato un pezzo in magazzino, e a volte sei tu. E poi ci sono gli altri diving in coda per la banchina che tu hai già occupato, per cui stringere, che fa caldo e la pressione aumenta .... e infine quelle due urla che segnano la fine del caos: poppa libera, prua libera, via ... su i parabordi alla volta del punto. Dove andiamo oggi ? La Colombara ....
Chiacchere coi clienti mentre si raggiunge il punto; il tempo, il mare, il vento, quegli scherzi verbali da branco che altro non condivide se non quelle ore in acqua e gli episodi che vi accadono: chi rimane senz'aria, chi rischia di perdersi, chi perde la pinna. Spesso mi isolo sulla prua, a cantare e guardare il mare che corre sotto la chiglia e i miei piedi a penzoloni, col sole che mi brucia le ciglia e il rumore del motore che copre il cicaleggio retrostante. Il mare: questa distesa immensa di liquido entro cui noi, minuscoli, sguazziamo senza mai entrare veramente in contatto, siamo pulviscolo in sospensione, tesi nel goffo tentativo di scioglierci nella sua immensità uterina; e mai riusciamo, siamo sempre divisi da lui dall'epidermide, limitati nella permanenza o dalla nostra capacità polmonare o dalla dimensione della bombola, e le pinne che abbiamo sono posticce, e la maschera per carpire un'immagine deformata di questo mondo senza gravità, e il neoprene per non crepare di freddo. Distanti e cocciuti, ogni giorno ci riproviamo, e mai riusciamo, ma la fugace illusione vale ogni fallimento.
Eccoci qua. Buttare l'ancora, tirare giù la scaletta, possiamo vestirci. Almeno, loro si vestono con calma, io come sempre mi barcameno tra la vestizione e le richieste: Ubik mi apri la bombola che non riesco ? Ubik mi passi il gruppo in acqua che mi vesto lì ? Ubik mi dai una torcia ? Ubik hai visto la mia cintura ? Ubik non riesco a mettermi le pinne ! Ubik ? Ubik ! Eccomi ! Eccomi .... eccomi. Anche io ho su tutto, getto il mio gruppo, poi me stesso, e comincio il mio rito: allargo il collo della muta per far filtrare l'acqua ed eliminare le bolle d'aria, pescandola come una balena a caccia di krill; mi siedo sulla bombola e la infilo sulle spalle; serro la fascia, tiro i cinghioli; assesto la torcia, controllo di avere tutto; chiedo l'ok al gruppo. Ci siete ? Ci sono. Ci siamo. Andiamo giù, pollice verso, aria fuori, inizia un'ora di silenzio ritmato dalla respirazione, segnali ed emozioni, e non sai cosa succederà perchè non è mai un film; anzi, è un film muto ogni volta diverso girato sempre nella stessa location. Come quella volta che badavo al tizio in panico che lo sentivano respirare da Marettimo, e gli ho dovuto far fissare un banco di dotti per dieci minuti prima che si riprendesse – d'altronde i ricchi stressati non si comprano un acquario da guardare, per rilassarsi ?
E quel giorno che da sotto il massiccio quattro ricciole enormi si aggiravano tranquille attorno al castello di poppa del mercantile naufragato, giocando serene coi raggi del sole. O quando c'era una corrente paurosa che schiacciava le alghe sulla roccia, e noi al coperto, ridossati alla parte verticale che sparisce nel blu, cercando musdee e murene negli anfratti. O quando il mare non permise di ancorare e ci siamo fatti il giro del relitto, abbiamo lanciato il pallone di segnalazione e ci siamo abbandonati alla corrente, galleggiando nel blu come meduse. O quella volta che ci saranno state un centinaio di persone nello stesso punto di immersione e ho dovuto riportare alla barca il mio gruppo barcamenandomi fra correnti, traffico umano, aiuti spaesati. La flabellina da due centimetri colorata da un pittore psichedelico che ti ha rubato il fiato per cinque minuti. Gli sciami di gamberi e i loro occhietti gialli nella grotta. La parete sonnolenta che di notte diventa più viva di un mercato rionale.
Non esiste grandangolo sufficientemente ampio né pellicola abbastanza sensibile da catturare tutto questo ....
E poi finisce. Ritrovi la tua chiglia, decomprimi e rimetti il naso all'aria. Da quel momento il nastro si riavvolge, letteralmente: torni al molo, scarichi l'attrezzatura dal gommone, la carichi sulla jeep, la porti in magazzino e la sistemi a dovere; metti le bombole in carica, e inverti nuovamente il senso – cominci a preparare l'uscita pomeridiana. Uguale a sei ore prima, un po' più stanco, con la variante del pranzo che non si capisce mai dove avverrà e soprattutto con cosa: una pasta fatta in casa, ma da chi ? un arancino ? due cracker e una mela ? è sempre una sorpresa, come pure la cena: chi ha voglia di mettersi a cucinare alle nove di sera, ancora coperto di sale e sfiancato dall'azoto respirato e trasportato a braccia su, giù e sotto l'isola ? Per fortuna qualcuno, alla fine, si offre volontario, e gli stomaci ringraziano. Poi una birra, un sonno senza sogni, e la cassetta riprende da capo.

Torino - free lancer

Una mia giornata tipo, quando facevo il free lancer informatico a casa mia. Forse qualcuno si potrà sentire offeso da certi passaggi, però, purtroppo, è quello che mi capitava di pensare a volte, e sono sicuro che io stesso, più volte e con ragione, sarò stato oggetto di anatemi irripetibili ... questo è lavoro, l'amicizia che ritengo di avere e mantenere con le persone che nel gioco delle parti ricoprivano il ruolo di "cliente" spero sia sufficiente a trascendere la crudezza delle parole e della prosa. Vi voglio bene.

E' il suono sbagliato a svegliarmi. E' la "mia" suoneria del cellulare - la stessa di qualche altro milione di persone al mondo. Potrei sbattermi e cercare un riff di mio gradimento, oppure aspettare che il mio modello di telefono diventi obsoleto assieme al suo set di musichine precaricato, cosa d'altronde già accaduta mentre la pensavo – meglio, le mie possibilità di mantenere la mia individualità sono cresciute.
A ben pensarci no, non è vero, non dipendono da quello. Lo vedo e me lo dico sempre, è come coi vestiti e gli occhiali da sole e la macchina e l'iPod con i loro colori e fogge da catalogo, non puoi possederli sperando che non ti globalizzino. Globalizzazione è uniformazione. Ecco perchè ho scelto la prima musichina di mio gradimento e ho tenuto quella, ogni sforzo è inutile. Verrò comunque assimilato.
In ogni caso lui, quel suono, a differeza del bip della sveglia ufficiale e della canzone ribelle che mi fa da backup, lui mi sveglia; è chiaro che si sta portando dietro l'ansia di qualcuno, un cliente immagino.
Chiunque sia è sfortunato, perchè alla prima telefonata non posso rispondere, sono ancora impastato dalla notte e dal catrame che covo in gola.
In piedi, musica, caffè, latte, biscotti, sigaretta. Cagata, sigaretta. Caffè, sigaretta. Altre due telefonate nel mentre ... cazzo arrivo, fatemi riprendere ! Il giornale me lo sfoglio pià tardi, tanto dirà poco di interessante. Qualche figa di gomma da ammirare, accusare bipolari, qualche nuova tassa, omuncoli che tentano di giustificare con discorsi deliranti e dissociati il fatto che tu li paghi migliaia di euro al mese. Funziona egregiamente, la gente rimane disorientata e crede sia colpa della sua propria ignoranza. In generale informarsi è un'attività deprimente, ci sono talmente tanti pali acuminati lanciati contro i nostri culi che se uno dovesse provare a fermarli tutti finirebbe straziato. Un po' come pensare a chi devolvere la tredicesima: aids, tumori, tsunami ? o il nuovo Brawn auto-o-matic III millenium con sonda ionica e software di interfacciamento al pc che ti fa i grafici della potenza erogata durante una sessione di sbucciaffettatuberi ? Per fortuna non ho mai avuto una tredicesima in vita mia, non ne sarei uscito vivo.
Vediamo le chiamate ... a questo cosa ho combinato ? Sono in ritardo per la consegna di quelle minuzie, ho dovuto dare priorità all'altro, ma oggi gliele faccio, subito anzi.
Cristo, per fortuna sono simpatico alle segretarie sennò mi avrebbero già impiccato per le palle. Tutti.
Ok, lo chiamo e sfoggio il mio migliore sorriso ottimista (lo faccio e lo carico di empatia, anche perchè sorridere al telefono serve a poco da solo, devi trasmettere il sentimento perchè l'immagine non passa. Per ora.)
Certo. Scusa. No, chiaro. Sì oggi, subito, prima di pranzo. Ciao, un bacio.
E so che ora comincia il waltzer. Non uno qualsiasi, quello per antonomasia, il Danubio Blu, sempre uguale a se stesso, reiterato alla noia ogni capodanno dalla filarmonica di Vienna assieme alla Radetzky March, che assume nello scandire le mie giornate un colore grigio e un'intonazione da musica industrial.
Una mail, una telefonata, un contatto in chat. Troppi contatti in chat, troppe telefonate, troppi ritardi accumulati e troppo poco entusiasmo residuo dopo l'esaurimento. Esaurimento breve e intenso, lacrime amare versate su un materassino in un campeggio in un giorno d'estate, per le notti rubate al sonno, per i rapporti senza un futuruo, per le poche ore d'aria concesseci dal Capitale, e anche per le parole di Debord.
Dopo quelle lacrime non sono più stato lo stesso, il lavoro ne ha risentito e ho imparato a fare l'affabile imbonitore. Che tristezza. Facciamo un caffè, condito con tabacco e giro sul forum.
Macché, telefono. Pronto ? Ah c'e' un problema sull'approvazione ferie ? Le do' subito un occhio. Come immaginavo, i clienti non sanno leggere, mentre il programma sì, c'e' un abisso comunicativo da colmare.
Cerco parole melliflue e compongo la mail con la soluzione ai loro problemi, il cui succo è "imparate a leggere quello che vi viene presentato sulle maschere anzichè rompermi i coglioni, distrarmi da quello che sto facendo, consolidare l'immagine che ormai ho di voi – quella di scimmie davanti a un monitor con disegnata sopra un'anguria, perchè se fosse una banana sapreste che farne", ma espresso in forma politicamente corretta. Mi adorano.
Dio, oggi è veramente impossibile andare avanti, che ore sono ? Le tre circa. Ho mangiato ? Non ancora. Vado come uno speleologo in cucina a cercare fortuna nella dispensa e nel frigo. Mi ci vorrà un'ora e mezza tra lavare i piatti – sempre quella pila putrida di giorni nel lavandino – preparare, mangiare, rilassarmi con un caffèsigaretta. Dalle quattro e mezza in poi è in discesa, tutti cominciano a rilassarsi pensando a quello scatto sulle diciotto della lancetta, smettono di martellarmi, e mi regalano inconsapevolmente tre orette durante le quali posso lavorare tranquillo. Oggi mi sento molto indulgente con me stesso, premio la mia stoicità lamentevole con un bel cannone alle cinque e mezza. Ogni boccata è come un'onda del mare su una spiaggia sporca, entra pulita ed esce pesante, gravata dallo stress, dal rancore, dal senso di impotenza, dalla noia, tirati via dal sangue attraverso i polmoni, depositate in dense volute sul mio bel pavimento piastrellato. Lo devo pulire sovente.
Beh, ora sono le otto passate e si comincia a vivere. Rabbocco lo stomaco con due uova, guardo chi c'e' collegato su Skype, faccio un paio di telefonate e si organizza la serata – a casa di questo o quell'altro, oppure in quel locale, a bere, fumare e scambiare parole. Ogni tanto ci scappa un film d'autore. Poi si risale in macchina con rotta verso casa, sempre troppo tardi, nelle strade, finalmente, praticabili perchè quasi vuote – di giorno è impossibile usarla l'automobile, sei circondato da facce nervose e incazzate, incastonate in gusci di vetro e lega d'alluminio, clacson, gas di scarico, ticckettaccke del semaforo, insulti. E' una situazione inumana, come facciamo a non rencercene conto ? Non solo il traffico, tutto intendo. Tutto.
Con questi pensieri parcheggio la mia scatoletta e muovo i passi verso la mia cella.
Mentre cammino ascoltando il suono delle mie suole sull'asfalto coperto di terra e polveri sottili, sorrido, pensando che quando avrò bisogno di lei correrò direttamente a cercarla nel posto sbagliato, dove era parcheggiata la settimana scorsa, o dove sarà parcheggiata fra tre giorni: nel grigiore del cielo e del cemento e della ripetitività tutto si confonde, come una serie di foto scattate da un cavalletto fisso e sviluppate una sull'altra.
Arrivo al portone, ma non ho sonno, voglio vivere, stare sveglio.
Purtroppo, domani è un altro giorno.