martedì 24 maggio 2016

Cinderella unleashed: Epilogo

A giudicare dalle luci in lontananza, la guarnigione è a circa due kilometri da qui. Il cielo si sta rischiarando e l'aria è fredda e immobile, come tipico nei momenti prima dell'alba.

Per riscaldarci appicchiamo il fuoco alla torre, con tutti e tutto quello che ha dentro, con tutto quello che rappresenta; emana odore di pancetta abbrustolita mentre prepariamo le bandoliere di polvere da sparo. Perchè lo sappiamo di non essere stati meglio di loro questa notte, lo sappiamo che non c'è mai stata una vera opportunità di migliorare la situazione nostra o altrui, come sappiamo che i processi alle streghe sono lunghi e dolorosi; invece noi siamo stanchi e vogliamo lasciare il nostro messaggio, non quello che vorranno farci confessare - il nostro, forte, e confuso. Perchè la vita è confusa, è un'orgia di carne e vino e sangue, non assomiglia per niente alla conforme rigidità di un valzer. E soprattutto, che festa di compleanno sarebbe senza i botti ?

Ma eccoli che arrivano.

Corriamo loro incontro a dare il benvenuto.

mercoledì 30 marzo 2016

Cinderella unleashed: Un ultimo affondo

Ci sciacquiamo alla fontana mentre la guardia va a raccogliere alcune armi e  bloccare le porte delle camerate sotto il torrione, dove altri trenta soldati dormono ignari. Il paese è immerso in un silenzio irreale, si odono solo le fiaccole crepitare e l'acqua gocciolare giù dai nostri corpi - finché non sentiamo qualche urlo indistinto provenire dalla stanza dove abbiamo segregato i superstiti del ballo. Stanza senza uscite, ma con finestre: in breve, il parroco risponde loro con le campane, scandendo l'allarme razzìa dei predoni, che richiamerà le guarnigioni dei paesi vicini.

Non ci scomponiamo, sapevamo perfettamente come sarebbe andata a finire, e tutto sommato è meglio che finisca rapidamente, all'apice della gloria, nel momento di massimo eccesso, senza assedi o stillicidi. Il paese più vicino è a un'ora scarsa di marcia, giusto il tempo per rivivere nella nostra testa e assaporare a fondo quanto avvenuto, magari qualche minuto per aumentarne la portata.

E il parroco ci serve su un piatto d'argento l'opportunità, guidando al nostro cospetto gli anziani imbruttiti e timorati accorsi alla chiesa per salvarsi la cotenna, al riparo di una piccola croce intarsiata che ci brandisce contro a mò di spada, innaffiandoci di acqua dall'odore stagnante e apostrofandoci come streghe figlie di satana. La scena è ridicolmente patetica, e non può che farci scoppiare in irrefrenabili risate, metà nervose e metà sincere, di quelle che ti escono dallo stomaco e ti fanno lacrimare senza sosta. Mentre mi rotolo a terra, noto che la nostra amica guardia invece non ride per niente, anzi, ha la mascella contratta e tremante: riduce a passi fermi e lunghi la distanza fra sé e il prete, e lo colpisce sulla guancia con il piatto della sua picca d'ordinanza, mandandolo dritto carponi dopo due avvitamenti in aria; ed evidentemente il suo culo all'aria è un invito irrinunciabile, giacchè lo impala con la stessa picca in un'unico affondo, pianta i piedi a terra e lo issa in aria, grugnedo dallo sforzo mentre i denti gli scricchiolano e le lacrime gli offuscano la vista. Questa era personale, e un segnale per tutte noi, per ognuna di noi, singolarmente, unicamente, contemporaneamente. Ci alziamo. Mi alzo. Sono ancora scossa dalle risate mentre afferro un robusto piolo, mi dirigo verso la mia matrigna, presente fra la folla, e glielo calo con veemenza in mezzo al cranio che si apre in due fino al naso. Il legno scheggiato rimane incastrato fra i due lobi del cervello mentre lei crolla a terra, spasimante, tremante, incapace di urlare, ma ancora viva; e mi accerto che mi guardi negli occhi mentre le apro la pancia sopra lo stomaco, le squarto il diaframma, mi faccio strada con le unghie verso il cuore e glielo afferro in una morsa stretta, sempre più stretta, battito dopo battito, sempre più flebile, finchè i fremiti non smettono e i suoi occhi sono di vetro. Un contatto intimo che cancella ogni altra cosa intorno a noi, che gusto con gioia fanatica e pacifica.

Quando mi rialzo vedo che le mie sorelle hanno avuto momenti simili, ognuna con la sua personale nemesi, mentre gli altri se la davano a gambe. Una di loro mi si avvicina e mi bacia appassionatamente accarezzandomi con le sue mani ruvide sporche di sange - bacio che ricambio con tutta me stessa. Ci riuniamo tutte abbracciandoci e accarezzandoci, piangendo e ridendo, urlando e sussurrandoci parole di conforto. E' tutto finito, siamo finalmente leggere e pronte a partire.

sabato 5 marzo 2016

Cinderella unleashed: Il ballo delle debuttanti

Mentre volteggiamo al ritmo di valzer, rallentato per rispetto alla disabilità del principe, lui continua a guardarmi dal basso verso l'alto come un pezzo di carne sugosa, una promettente procreatrice, mentre apprezza il mio totale silenzio e il mio sorriso appena accennato e imperturbabile - tutte e sole le qualità che si addicono ad una degna consorte. Lo guardo di rimando, leggendo i suoi pensieri, mentre la saggia e pietosa me non può che ricordarmi come egli, ad egual modo del suo aspetto, sia il risultato dell'ambiente in cui è stato concepito e cresciuto - che in fondo non ha colpe, che tutti siamo esattamente questo, il prodotto di qualcun altro, di molti altri, che le nostre aspirazioni, i nostri desideri, i nostri timori, i nostri odii e i nostri amori, non sono nostri. Sono indotti, causati. Che se io e le mie sorelle di sangue siamo qui, e stiamo per fare quello che stiamo per fare, è perchè altri ci hanno portato qui per mano, a colpi di randello, a furia di sputi e insulti, perchè altri li hanno picchiati, umiliati, stuprati, e così via fino al primo uomo che ha ucciso la prima vittima perchè i suoi genitori erano stati cacciati dall'eden perchè dio è uno stronzo tentatore. Dio è satana, sono entrambi intorno a noi e ci forgiano continuamente, portandoci a compiere il nostro destino, sul quale non abbiamo controllo, colpe o glorie. Questa nuova consapevolezza mi fa dubitare di tutta me stessa, delle mie reali intenzioni, della loro origine e del loro fine, della mia statura morale - davvero ho creduto di essere meglio dei miei aguzzini ? O anche questi dubbi stanno insorgendo perchè suggeriti dal senziente status quo, che lotta per la perpetuazione di se stesso, dei loro privilegi, dei nostri ruoli ? La linea fra i buoni e cattivi diventa sempre più sfocata ed evanescente, il movente sta perdendo la presa su di me, e se ne deve essere accorto, perchè una nuova ondata di magia sincronicistica si abbatte su di me. Le campane iniziano a toccare la mezzanotte, rendendomi ufficialmente sedicenne, burocraticamente adulta, femminilmente scaltra e padrona di me stessa; e allo stesso tempo, il principe mi stringe a sé per farmi sentire il suo esile, puntuto desiderio.

Al ritmo dei rintocchi, danziamo di nuovo verso le scale, e nell'ostentata inavvertenza generale, le saliamo per guadagnare il rifugio delle pesanti tende vermiglie alla loro sommità, che nascondono l'ingresso alle stanze private, e nasconderanno la nostra prima unione carnale. Infilzo il mio sguardo nel suo un'ultima volta, alla ricerca di cosa possa giustificare nella sua mente quella gratitudine che ritiene io possa avere verso di lui, nel traghettarmi da una schiavitù ad un'altra, da serva riverente a muta fattrice - di cosa possa fargli credere che il contenuto dei suoi pitali sia migliore di quelli della mia matrigna. Ma è paonazzo, deve essere eccitato come mai gli era accaduto prima, e mi invita con decisione a inginocchiarmi e prendermi cura di lui; e così faccio. Sotto di noi, l'orchestra ha cambiato canzone, preferendo al valzer qualcosa di più movimentato e fragoroso per coprire eventuali inopportuni gemiti; alcune mie sorelle ne hanno approfittato per approcciare le guardie presenti e invitarle nell'ombra con una falsa promessa, come falsa è la mia sottomissione mentre gli abbasso i pantaloni alle ginocchia e con una mano gli accarezzo il membro; e continuo ad accarezzarlo, al contempo sfilandogli il coltello cerimoniale dalla fascia sullo stomaco per infilarglielo in verticale, in unico movimento fluido e vigoroso, nel mezzo del perineo. Il contatto della lama fredda sommato al massaggio in atto gli provocano un sorpreso orgasmo, che continua implacabile mentre estraggo la lama e gli recido di netto pene e testicoli. Mi alzo mentre lui si accascia scosso da spasmi di svariata natura, guardandomi incredulo - ma io non ricambio lo sguardo. Emergo dalle tende coperta di sangue e sperma, con una lama in una mano e un trofeo nell'altra, che getto di sotto in mezzo ai danzatori. Questo è ciò che avete seminato, ora coglietene i frutti.

La musica si interrompe disordinatamente in un eco di piatti di ottone nel silenzio esterrefatto dei presenti, mentre altri cadaveri deambulanti escono da differenti alcove, schizzando sangue dalle giugulari o dalle cosce, seguiti dalle mie consorelle ghignati, gli occhi ebbri di rivincita. Una sola delle guardie ha mantenuto il posto, un giovane alto e muscoloso dagli occhi scuri e profondi, che trattiene a stento un rigurgito di disgusto mentre si avvicina alla porta per presidiarla: non vuole far scappare nessuno, è un nostro inatteso ed insperato alleato. Forse ha anche lui qualcosa da vendicare, forse è più sensibile dei suoi compagni, forse è solo opportunista, ma in questo momento non ha importanza. Mentre lui respinge i primi tentativi di fuga, noi ci gettiamo in mezzo alla folla menando fendenti alla cieca, abbattendo i maiali inciampati sulle viscere altrui, scivolati nel sangue denso e scuro dei loro camerati. Chi non è con noi è contro di noi, e pare che tutti, da buoni animali ammaestrati, si sentano al sicuro solo nel conforto della loro personale gabbia: non vogliono cambiare ruolo, non vedono le catene che li avvolgono, non percepiscono la liberatoria potenza simbolica di questa nostra rappresentazione. E' una carneficina, ma presto il marmo della sala diventa troppo scivoloso a causa del sangue, del vomito e delle interiora sparse ovunque, e molti riescono a scappare nella stanza adiacente e barricarsi al suo interno. La guardia ci spiega che quella non ha uscita, quindi bocchiamo la porta a nostra volta dall'esterno e usciamo nel cortile.

lunedì 29 febbraio 2016

Cinderella unleashed: Al mercato della carne

L'annuncio è un ordine, ragion per cui la mia matrigna non può esimersi dal concedermi di essere presente quella notte. Mi vengono donati alcuni scampoli di bassa qualità con cui dovrò arrangiarmi un vestito. Il tempo è poco, devo lavorarci di notte, a lume di candela, e poi, la sera del ballo, prepararmi in fretta e furia, perchè ho dovuto dedicare tutta la giornata alle mie sorellastre, lavarle, pettinarle, truccarle, lottare per far entrare i loro corpi flaccidi dentro i corsetti. Ma so di non aver bisogno di troppa cipria o rossetto, sono naturalmente bella, e il mio corpo è snello e muscoloso, scolpito da anni di corveé. Di fianco a loro spicco come un cervo in mezzo a un campo di porchette.

Così andiamo al ballo: una combriccola al fiele, una fra tante, si presenta alla porta della torre del paese. Le scale, e quindi la sala da ballo: le mie anime sorelle sono già lì, anche loro con quella bellezza selvaggia, concentrate sull'esecuzione del nostro piano non scritto e non detto, mascherate dietro una facciata di falsa cortesia, ridendo alle stupide battute della grassa nobiltà presente, sorridendo di rimando alle loro carezze inopportune, rifiutando gentilmente il vino offerto loro, ricevendo apprezzamenti per la loro morigeratezza e sobrietà. La sobrietà è necessaria, e funzionale.

Ed ecco il principe apparire in cima allo scalone interno. E' basso, goffo - pare che una sua gamba sia sensibilmente più corta dell'altra - e il suo viso è asimmetrico in modo evidente, un lato della bocca incurvato verso il basso, tanto da portarsi dietro lo zigomo e il taglio dell'occhio. Sembra sia il prodotto di reiterati accoppiamenti fra consanguinei, e questo evento un modo per spezzare il circolo vizioso. La sala si apre mentre lui vi scende, i presenti disponendosi sui restanti tre lati, le ragazze in prima fila, tutte con negli occhi la speranza di essere la prescelta. Con obiettivi diversi. Vedo i pensieri delle mie sorellastre, la possibilità di potersi fregiare di un titolo mancante all'altra, di essere la migliore, la più ricca, la più desiderata. Ma è una speranza irrealizzabile, sarà una del cerchio magico di quel mattino al mercato ad essere scelta, quel momento silente e solenne ha irrimediabilmente marcato l'inizio di una sequenza di eventi irreversibili, incontrollabili, ineluttabili, al di sopra delle nostre singole volontà, speranze, o aspettative. E così arriva davanti a me, esplorando con lo sguardo il mio corpo come fosse una coscia di prosciutto appesa a stagionare, mentre una goccia di saliva gli sfugge senza controllo dal labbro storto. Sono alta, i capelli naturalmente castani  e mossi diventano biondi verso le punte perchè schiariti dal sole; il seno è alto e sodo, le labbra un cuore rigoglioso che nasconde denti bianchi e voraci, il collo sottile, la mascella ovale e aggraziata, gli occhi verdi brillanti come un campo d'estate che spiccano contro la pelle abbronzata, ad aggiungere un tocco vagamente esotico, meticcio, un gusto torbido, un desiderio osceno. Non si muove oltre, è rapito dalla mia figura, e mi invita a ballare con un cenno. Rispondo con un casto inchino fra il mugugno della folla, misto di invidia, sorpresa, soddisfazione, e mi faccio avanti.

Cominciano le danze.

domenica 28 febbraio 2016

Cinderella unleashed: Sabbath nel villaggio

Al mercato cerco di incrociare lo sguardo di altre donne, trovare nei loro occhi la stessa sofferenza che è nei miei, solidarietà e complicità nel dolore. Non posso guardare i maschi negli occhi, finirei immediatamente in un vicolo per essere penetrata da qualche orango peloso e puzzolente alitantemi nelle orecchie attraverso denti marci e radi. Pochi secondi di orrore, che vorrei comunque evitare. La vedo la venditrice di lavanda, le conosco le storie riguardo a suo marito, un ipodotato che compensa con violenti pugni alle costole. E' un virus che si sprigiona, da lui a lei, da lei al figlio, procedendo dalle sovrastrutture sociali invisibili attorno a noi, la necessità di apparire virile, rispettosa, obbediente. Anche la puttana del paese è irregimentata nel suo ruolo di puttana, ridotta a ricettacolo di sperma vario, senza altra identità riconosciuta, come se non avesse idee, sogni, aspirazioni, potesse provare piacere o ribrezzo, avere giornate sì e giornate no. La suora quella in carne, che tutti sappiamo avere un debole per i cavalli, ma chissà poi se è vero o se lo considera in qualche modo meglio che avere relazioni con uomini o donne e rompere così il suo voto di castità, non mi pare che questo menzioni gli animali. Il mugnaio, che sembra non sia molto maschio con sua moglie, e viene pestato dai grulli della taverna una sera sì e un'altra pure, gli stessi che si montano le proprie capre quando le loro mogli hanno il ciclo o il mal di testa. Tanti schiavi, vittime e carnefici, più e meno consapevoli della loro patetica condizione, delle idiosincrasie, della loro magnifica irrilevanza su questa terra. Basterebbe un grido per liberarci tutti da queste catene, un singolo atto di ribellione, di liberazione, per far cadere ogni muro. E sto quasi per farlo uscire dalle mie viscere questo urlo, quasi per contrarre l'addome e buttare fuori tutta l'aria del mondo, quando accade questa cosa magica, ma magica da magia nera, di quelle che ti danno i brividi lungo tutta la schiena e ti fanno drizzare tutti i peli del corpo: ero persa nell'autocommiserazione, e quando ho rimesso a fuoco il mondo, ero al centro della piazza, e un'altra decina di adolescenti del paese era lì con me, eravamo tutte assieme, tutte perse, e poi contemporaneamente coscienti l'una delle altre. Ci conoscevamo dai tempi dell'infanzia, ma dopo le scuole, dagli otto anni, ci eravamo allontanate e incrociate solo la domenica a messa, ognuna schiacciata e annichilita sotto il suo personale giogo - fino ad oggi. Ci siamo guardate negli occhi, e abbiamo riconosciuto il nostro riflesso l'una nell'altra, non abbiamo avuto bisogno di parole, di dirci nulla, era tutto evidente. E mentre questo succedeva, altro successe: un araldo uscito dal cortile interno del castello, corre in mezzo alla piazza, in mezzo a noi, sale sul predellino e annuncia: ci sarebbe stato un gran ballo a corte, durante il quale il principe avrebbe scelto la sua futura consorte fra le giovani illibate in età da marito. La notte del mio compleanno. Tutte lo stiamo guardando, rapite, ma è come se ci stessimo tenendo per mano, e cospirando. Sappiamo che sarà la nostra occasione, prima e ultima, unica e irripetebile. Saremo pronte.

sabato 27 febbraio 2016

Cinderella unleashed: Prologo

L'aria è fredda all'alba qui in campagna, anche in questo periodo dell'anno. E' la terra che suda via la brina della notte, mentre i passeri cantano felici il ritorno del sole ancora sotto la linea dell'orizzonte. Non ci sono altri rumori, a parte il ruscello là oltre il campo coltivato, che devo concentrarmi per sentire, mi pare che si chiami cecità uditiva o qualcosa di simile, il tuo cervello filtra via i rumori di fondo persistenti per non impazzire. Ma non volevo divagare, lo so che ho la tendenza a divagare, è colpa della solitudine forse, quella che ti fa parlare e discutere e condividere i pensieri con te stessa, perchè non hai altri con cui farlo, e la mancanza di dialogo, anche lei, può renderti folle; o forse il parlare da soli è già sintomo della follia che ormai si è radicata dentro di te, e ... sto divagando. La luce del mattino, l'aria frizzante, i fringuelli, il ruscello e il silenzio che puoi ancora sentire sotto quei suoni - sarebbe una bella scena bucolica di quelle che ti scaldano il cuore, ma il puzzo delle deiezioni notturne delle mie sorellastre sale pungente dal secchio, e il mio cervello non riesce a cancellarlo, o non vuole farlo per qualche motivo che non riesco ad afferrare. L'altra me, quella che mi sgrida e conforta, quella che mi dà l'opinione scomoda, il punto di vista alternativo sulle cose del mondo, vuole farmi sentire tutto il peso di quel secchio, in ogni sua dimensione, vuole che l'odore di quella merda sfilacciata mi entri a fondo nei polmoni, e nel sangue, e arrivi fino al cervello, in modo che possa sentirlo anche lei. Le mie sorellastre mangiano molta carne, semplicemente perchè posso permetterselo e devono quindi ostentarlo, e pochissima frutta, perchè è quello che fanno le scimmie. La nostra merda racconta tutto di noi, esce dal nostro intimo senza trucchi, senza costumi: è un riflesso sincero di quanto abbiamo dentro.

Arrivo finalmente al canale, dove svuoto il secchio, lo lavo, e poi lavo me stessa. Mi piace sentire il freddo dell'acqua sulla pelle, mi piace sentire le mie mani fredde su di me. Dedico un momento a me stessa, a tutte le mie me stesse, ci masturbiamo assieme sdraiate sull'argine nella luce del mattino. Un attimo di oblìo. Ma è solo un attimo, perchè, come ogni giorno, dal cascinale iniziano ad arrivare i segnali necessari a riportarmi all'ordine, all'immutabile ritrmo delle mie giornate, scandito da porte sbattute, urla, insulti, umiliazioni, richieste, feci, animali, cucina, pulizie, commissioni, tutto ciò che definisce la mia reale condizione: schiava di queste persone che si definiscono "la mia famiglia". Ho pensato molte volte di ucciderle tutte nel sonno, le mie "sorelle" e mia "madre", ma sarei l'ovvio colpevole e non credo che i vecchi grassi maschi che formano il tribunale del popolo siano molto sensibili al concetto di schiavitù e agli effetti di tali angherie sulle giovani donne del principato. Ho la fortuna di essere nutrita, avere il tetto di un pagliaio sopra la testa ogni notte, dovrei essere riconoscente della possibilità di espletare il ruolo della donna definito dal dio barbuto dei maschi pii in ogni sua possibile estensione. Verrei impiccata senza processo, ma più probabilmente linciata sul posto senza speranza di arrivare intera al patibolo. Probabilmente il vecchio patriarca della fattoria accanto tornerebbe più tardi per stuprare il mio cadavere e farmi sentire completamente donna almeno una volta nella vita (non è abbastanza intelligente da capire il significato delle parole), ricordarmi che il mio posto è sotto. Ancora una settimana e avrò sedici anni; è imperativo trovare una via d'uscita, che possibilmente mi assicuri anche la sopravvivenza. La vendetta non mi basta.