martedì 9 gennaio 2007

Ricordi

Where i lay my head is home.

Una cosa che mi e' sempre dispiaciuta, di cui sono consapevole da tempo, e' la perdita dei ricordi. Non so perche' mi capita, voglio dire, mi sono ritrovato a parlare con persone con le quali ho condiviso - a detta loro - certi momenti, di cui nella mia mente non esiste piu' traccia.
Sara' perche' mi concentro sempre, parecchio, sul presente, e viaggio spessissimo con la mente nel futuro ? Viaggio e riviaggio piu' volte nello stesso luogo potenziale, rifinendo il sogno finche' non ne sono appagato, per poi inventarne un'altro - da sempre. Mi guardo poco indietro - da sempre.
Il tema si intreccia con lo scrivere un diario, che forse non rileggero' mai, e con la replica giornaliera delle nostre attivita' che ci fa perdere di vista il complesso del viaggio e gli attimi rilevanti, o intensi, o belli e semplici, perche' quelli traumatici nunca se olvìdan.
Gas mi ha parlato di una tecnica meditativa che permette di ricordare tutta la tua vita partendo dalla nascita, regredendo giorno per giorno, uno piu' indietro ogni tramonto. In effetti, fermandosi a ricordare, a scrivere, concentrandosi un secondo, tornano alla mente sempre piu' istantanee della mia vita, i tempi degli scout, i tempi della banda, il lungo tempo dei libri, i volti dei compagni di strada, gli amici persi e ritrovati, in questa nostalgica postura di fine anno, un po' da vecchietto che seduto in un parco racconta ai piccioni il suo passato. A lui, forse, solo quello rimane; a me tutt'altro, pero' ormai sono piu' di trent'anni che vado per la vita a fare minchiate (e combinare qualcosa di buono, a volte), non vorrei perdermi per strada - nel senso che a volte, come ora, sento il bisogno di rovistare nei cassetti della memoria e togliere un po' di polvere qua e la' - ridare luce ai cocci di vetro colorato - mettere qualche pezzo del puzzle al suo posto - ricompormi. Soprattutto ora, mi fa sentire molto ... a casa.
Ovunque essa sia.
Sono io, credo.

E quindi ?
Di quando ero piccolo piccolo, prima delle elementari, ricordo decisamente poco: il tavolo bianco, estendibile, stile anni sessanta (un po' Arancia Meccanica) della cucina, un Maggiolino blu col cofano che si apriva e dentro era di plastica marrone, anzi beige; la mia bicicletta rossa con le gomme bianche, di quelle con la cerniera a meta' della canna per poterla piegare in due e trasportare - un giorno ero preso bene a fare curve veloci e rasoterra tipo motociclista, e ho passato il pomeriggio ad hinchar las pelotas a Maria Grazia, urlandole dal cortile a quanti cm era passato il manubrio da terra, mentre lei si baccagliava non so chi appoggiata al balcone; i ghiaccioli con i bastoncini di plastica che potevi unire per fare costruzioni, e gli altri di legno che invece dovevi usare le mollette per stendere (facevo aeroplani, sempre); il giardino del vicino senza volto che se ci finiva il pallone ti tornava indietro squarciato; e soprattutto, il giorno che mio fratello mi costruì un sommergibile con tre scatole di cartone, un cutter, un pennarello e qualche piedino per appoggiare i ripiani dei mobili, che fungevano da manopole e indicatori. Avevo anche una di quelle macchine a pedali, ma il ricordo e' vecchio nel senso che ormai ero troppo grande e non ci entravo piu'.
Poi crescendo, del primo giorno di scuola ricordo i nomi scritti su cartoncini (arancioni ?) appoggiati ai banchi, e i bambini che non sapevano ancora leggere in lacrime; nonche' il mio orribile giubbotto marrone imbottito, che lo strappavo sempre sedendomi al bordo dell'aiuola delimitata da archi di metallo, e mia madre a metterci toppe di orsetti o che altro - dio che schifo quel giubbotto.
D'estate spesso passavo qualche settimana in case di montagna di amici con famiglie piu' fortunate della mia (almeno per il fatto di possedere una casa in montagna). In bici a Chiomonte con Davide, quella volta che volavo in BmX sul prato e mi sono trovato a terra col naso aperto causa fil di ferro tirato a un metro dal suolo, e mi hanno dato quattro punti da sveglio; e l'altra che mi sono gettato in picchiata dalla discesa che porta al sottopasso della ferrovia, troppo veloce, allora prendo la salita di fronte, di nuovo giu', e mi stampo lo stesso contro la parete del tunnel; la madre di quell'altro bambino che gli aveva fatto misurare le ossa e che secondo il frenologo sarebbe diventato altissimo fortissimo e intelligentissimo, e io pensavo che la madre era davvero una rincoglionita.
Poi piu' avanti a Salice con Fabio, a giocare ai picchiaduro nei bar; lanciare lumache con la fionda dopo la pioggia contro i muri bianchi per vedere la strisicata piu' lunga; infilarsi nel capanno a rovistare, uscendo con colpi per fucile a pallini che conservo ancora da qualche parte; scappare dal mezzano infuriato che deve essere ancora bloccato nella sua rete di cinzione; intrufolarsi nella casa in costruzione per giocare un pomeriggio intero a pelota contro il muro del sotterraneo, con un guanto da bici a testa e una palla da tennis.
La prima canna della mia vita, con Cili, Montrone e forse Palumbo, prima di entrare a scuola - fatale, mi ricordo solo delirio, terrore, inconsapevolezza completa. E quel giorno che abbiamo passato l'ora di inglese a indossare le maglie della squadra di calcetto, scambiandocele ogni volta che la prof si girava alla lavagna.
Le risate incontrollabili, alle medie, quando arrivammo alla .. quarta ? declinazione, in latino, quella di rubus - ruber. Non mi sembra di aver finito il corso.
I Silver Surf ! Il primo concerto a Ghigo di Prali, birreria Nido dell'Orso, il padrone commise l'errore di pagarci con cibo (poco) e alcool (troppo) ... mi porto dietro una bruciatura di sigaretta auto-inflitta, una notte passata in casa di non so chi perche' eravamo troppo sbronzi e ritornare a casa non se ne parlava, a giocare a Trivial e flitrare con ... Francesca ? che anni dopo l'ho incrociata alla fiera del libro. L'altro concerto al mare, ancora piu' ubriachi, mi sono vomitato sui pantaloni in riva ala mare che si muoveva piu' del consueto, sotto un cielo stellato di uno strano colore violaceo, Franco che mi ringhia "non ci provare !" quando cerco un posticino in tenda e mi costringe a dormire per terra, troppo vicino all'odore delle scarpe del Gira. Anni decisamente alcoolici furno, quelli. Eseplare la volta che saccheggiammo il magazzino sotto l'officina, ormai vuota, dei miei, dove provavamo: in pieno delirio da vodka ai frutti di bosco, Emi comincia a buttare morbidoni e bottiglie nel cortile del vicino ... e dal giorno seguente, sala prove.
A una festa al Green Beach, puo' essere per la laurea di Angelo, una ragazza verso fine serata mi si avvicina e mi fa "ehi, ma ci siamo gia' visti da qualche parte ?" e io "NO !", con sottotilotao in fronte "che cazzo vuoi, da me, qua, a quest'ora ?". Il dialogo e' chiaramente terminato all'istante. Ho realizzato mesi dopo che probabilmente voleva baccagliarmi.
Angelo ... le vacanze in Spagna con lui e Giuliano: un mazzo di carte in cima a una bottiglia, si soffia contro e chi fa cadere l'ultima beve; Giuliano che raccoglie il suo sbocco con una ciabatta e lo sistema ordinato a lato di due gradini di terra; le inglesi sempre ubriache che una mattina le aiutiamo a muovere la roulotte e partire; la ragazza che nel disco pub mi chiede da accendere e poi mi ingloba mano e fuoco in mezzo alle tette; Italia-qualcosa a calcetto (abbiamo vinto ?); la prima notte a dormire in spiaggia e il bagno all'alba con gli olandesi; un interminabile scambio a racchettoni con un rosso di Milano, evoluzioni e numeri da circo, tanto che si era formato pure un pubblico; la notte in stazione prima di tornare, con il ricchione che in cambio dei nostri culi ci avrebbe portato fino al confine, e due pacchi di Lucky Strike lentamente ridotti in cenere per asfaltare l'attesa.
La mattina che ho pianto quando ho reincontrato Rick.
I bagni nella corrente del Ticino.
La prima discesa dell'Ardeche, tanti anni fa.
E ..... chissa' quanto e' andato perduto. Come lacrime nella pioggia, direbbe Ridley Scott.

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