domenica 28 febbraio 2016
Cinderella unleashed: Sabbath nel villaggio
Al mercato cerco di incrociare lo sguardo di altre donne, trovare nei
loro occhi la stessa sofferenza che è nei miei, solidarietà e complicità
nel dolore. Non posso guardare i maschi negli occhi, finirei
immediatamente in un vicolo per essere penetrata da qualche orango
peloso e puzzolente alitantemi nelle orecchie attraverso denti marci e
radi. Pochi secondi di orrore, che vorrei comunque evitare. La vedo la
venditrice di lavanda, le conosco le storie riguardo a suo marito, un
ipodotato che compensa con violenti pugni alle costole. E' un virus che
si sprigiona, da lui a lei, da lei al figlio, procedendo dalle
sovrastrutture sociali invisibili attorno a noi, la necessità di
apparire virile, rispettosa, obbediente. Anche la puttana del paese è
irregimentata nel suo ruolo di puttana, ridotta a ricettacolo di sperma
vario, senza altra identità riconosciuta, come se non avesse idee,
sogni, aspirazioni, potesse provare piacere o ribrezzo, avere giornate
sì e giornate no. La suora quella in carne, che tutti sappiamo avere un
debole per i cavalli, ma chissà poi se è vero o se lo considera in
qualche modo meglio che avere relazioni con uomini o donne e rompere
così il suo voto di castità, non mi pare che questo menzioni gli
animali. Il mugnaio, che sembra non sia molto maschio con sua moglie, e
viene pestato dai grulli della taverna una sera sì e un'altra pure, gli stessi
che si montano le proprie capre quando le loro mogli hanno il ciclo o il
mal di testa. Tanti schiavi, vittime e carnefici, più e meno
consapevoli della loro patetica condizione, delle idiosincrasie, della
loro magnifica irrilevanza su questa terra. Basterebbe un grido per
liberarci tutti da queste catene, un singolo atto di ribellione, di
liberazione, per far cadere ogni muro. E sto quasi per farlo uscire
dalle mie viscere questo urlo, quasi per contrarre l'addome e buttare
fuori tutta l'aria del mondo, quando accade questa cosa magica, ma
magica da magia nera, di quelle che ti danno i brividi lungo tutta la
schiena e ti fanno drizzare tutti i peli del corpo: ero persa
nell'autocommiserazione, e quando ho rimesso a fuoco il mondo, ero al
centro della piazza, e un'altra decina di adolescenti del paese era lì
con me, eravamo tutte assieme, tutte perse, e poi contemporaneamente
coscienti l'una delle altre. Ci conoscevamo dai tempi dell'infanzia, ma
dopo le scuole, dagli otto anni, ci eravamo allontanate e incrociate
solo la domenica a messa, ognuna schiacciata e annichilita sotto il suo
personale giogo - fino ad oggi. Ci siamo guardate negli occhi, e abbiamo
riconosciuto il nostro riflesso l'una nell'altra, non abbiamo avuto
bisogno di parole, di dirci nulla, era tutto evidente. E mentre questo
succedeva, altro successe: un araldo uscito dal cortile interno del
castello, corre in mezzo alla piazza, in mezzo a noi, sale sul
predellino e annuncia: ci sarebbe stato un gran ballo a corte, durante
il quale il principe avrebbe scelto la sua futura consorte fra le
giovani illibate in età da marito. La notte del mio compleanno. Tutte lo
stiamo guardando, rapite, ma è come se ci stessimo tenendo per mano, e
cospirando. Sappiamo che sarà la nostra occasione, prima e ultima, unica
e irripetebile. Saremo pronte.
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